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Ha tagliato la raffinazione a Gela ma investe negli Emirati Arabi, Arancio: "Regione indaghi su scelte Eni"

Gela. Blocca la raffinazione classica in Italia, compresa la fabbrica di contrada Piana del Signore, ma investe nello stesso settore acquisendo uno degli asset principali della compagnia emiratina Adn...

A cura di Redazione
19 febbraio 2019 19:10
Ha tagliato la raffinazione a Gela ma investe negli Emirati Arabi, Arancio: "Regione indaghi su scelte Eni" - Una protesta successiva al protocollo d'intesa di quattro anni fa
Una protesta successiva al protocollo d'intesa di quattro anni fa
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Gela. Blocca la raffinazione classica in Italia, compresa la fabbrica di contrada Piana del Signore, ma investe nello stesso settore acquisendo uno degli asset principali della compagnia emiratina Adnoc, la capostipite degli affari estrattivi ad Abu Dhabi e nel resto degli Emirati Arabi Uniti. “Il governo regionale indaghi sugli eventuali progetti di delocalizzazione di Eni”, lo chiede il deputato regionale Giuseppe Arancio, dopo l’ultima manovra acquisitiva ufficializzata dalla multinazionale, che si è presa il venti per cento della Adnoc Refining. “L’accordo tra Eni e Adnoc, compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti, definito di alto valore strategico dal governo nazionale – dice Arancio – sembra essere l’ennesimo progetto di delocalizzazione messo in atto a discapito del comprensorio di Gela, già devastato sia dal punto di vista ambientale che economico-sociale”. La chiusura del ciclo di raffinazione degli idrocarburi nel sito locale adesso stride con quanto appena concluso dal cane a sei zampe.

“Le politiche di espansione di Eni, che solo pochi anni fa dichiarava la necessità di chiudere le raffinerie di Porto Marghera, Taranto, Gela e potenzialmente la vendita di Livorno a causa di un dimezzamento della capacità di raffinazione conseguenza di un calo stabile ed irreversibile del mercato – spiega ancora – sembrano contraddire la scelta dell’accordo con la compagnia araba che, a quattro anni di distanza, invece incrementa la produzione giustificandola con un aumento della richiesta. Sarebbe opportuno chiedere al governo nazionale chiarimenti in ordine alle politiche strategiche di Eni, soprattutto in relazione alla chiusura di siti industriali e alla compressione di mercati che poi sono alimentati con investimenti analoghi ma in altre aree geografiche specificando se i mercati che si vogliono rifornire con l’operazione siano quelli di Europa, Africa ed Asia. In questo caso appare ancora più incomprensibile la chiusura del polo industriale di Gela per la sua posizione strategica”. Una sorta di beffa che adesso viene quasi confermata dal deputato dem, nonostante la firma che nel 2014 venne apposta al protocollo d’intesa dagli esponenti del suo stesso partito.

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