Fuga da Cosa nostra e Stidda, la procura distrettuale gestisce 130 pentiti di Gela

 
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Gela. Tredici pentiti solo nel 2011, centotrenta da quando le forze dell’ordine hanno intensificato la lotta alla criminalità. Dire che la mafia a Gela è in ginocchio è forse un eccesso, anzi un azzardo. Di certo però i colpi inferti in questi anni hanno creato un solco soprattutto nei vertici dei due clan.

Secondo il procuratore a capo della Dda di Caltanissetta, Sergio Lari, a Gela si starebbe registrando una vera e propria fuga da Stidda e Cosa Nostra. La considerazione è emersa nel corso della conferenza stampa sull’operazione antimafia «Monitum», che ha portato all’arresto di quattro pregiudicati per un omicidio commesso 14 anni fa.

«Sul fronte della criminalità organizzata – ha aggiunto il magistrato – il clima nel Gelese è cambiato grazie anche alla collaborazione della società civile». Nel 2010 sono stati sei i mafiosi a decidere di collaborare. Numero quasi raddoppiato l’anno dopo. La procura nissena gestisce oltre 140 collaboratori di giustizia, compresi quelli storici, con l’aiuto di altre procure. Un lavoro non facile, considerata anche l’esiguità di fondi e personale.

L’operazione Monitum ha permesso di fare luce su un caso di lupara bianca, estorsioni e danneggiamenti. Il capo della squadra mobile, Giovanni Giudice, ha messo in evidenza lo spessore criminale di Massimo Gerbino, nuovo reggente di Cosa Nostra a Gela, e il suo ruolo «di leader, a dispetto dell’età», per i vuoti creati dai numerosi arresti all’interno dell’organizzazione. Arrestato il 18 maggio dello scorso anno nell’operazione «Tetragona» contro le diramazioni di cosa nostra gelese a Genova e nel Varesotto, Gerbino era tornato in libertà per decisione del tribunale del riesame.

Oggi, oltre all’appartenenza a un’associazione mafiosa che disponeva di armi ed esplosivi, gli viene contestata anche l’estorsione di tremila euro, compiuta nel settembre del 2010, nei confronti di un imprenditore del settore metalmeccanico, con l’aggravante dei danneggiamenti. Sanguinario il profilo criminale dei tre stiddari, assassini di Daniele Martines: Salvatore Nicastro, Gaetano Azzolina e Giuseppe Maniscalco.

Quest’ultimo, in particolare, è stato già condannato per avere assassinato un altro giovane della stessa organizzazione, Angelo Legname, ucciso e bruciato qualche giorno dopo perchè, secondo alcuni pentiti, «all’interno della Stidda si stava facendo pulizia».

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