Gela. L’istruttoria è stata riaperta a seguito dell’appello proposto dalla procura nei confronti dell’imprenditore Nicolò Cassarà, assolto in primo grado dal collegio penale del tribunale di Gela. Fu coinvolto nell’inchiesta “Fabula” e per i magistrati dell’antimafia avrebbe preteso denaro da altri imprenditori locali. Contestazioni cadute in primo grado. Questa mattina, in Corte d’appello a Caltanissetta, è stato sentito uno degli imprenditori che avrebbe ricevuto richieste estorsive. Sandro Missuto, in passato a sua volta coinvolto in un’indagine antimafia, è parte civile nel giudizio. Per lui, lo scorso anno, arrivò la condanna definitiva nella vicenda Safab. Parte civile è anche un altro destinatario delle presunte richieste di denaro, Francesco Cammarata. Missuto ha sostanzialmente confermato quanto sostenuto in primo grado. Davanti ai giudici gelesi, spiegò che Cassarà avrebbe detto di essere vicino ai servizi segreti e ai magistrati della Dda. Si sarebbe proposto, inoltre, per “aggiustare” il procedimento penale nel quale era coinvolto. L’imprenditore parlò anche di richieste di denaro giunte da Cassarà. Una versione che la difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Giovanni Lomonaco, ha già messo in discussione nel procedimento di primo grado, sollevando quelle che ritiene incongruenze nel racconto. Per la difesa, Cassarà si sarebbe messo a disposizione, convincendo sia Roberto Di Stefano che Emanuele Terlati a collaborare con la giustizia.
Di Stefano, pure in appello, ha dichiarato che Cassarà non ebbe mai alcun ruolo nelle richieste estorsive. Non avrebbe preteso denaro né da Missuto né da Cammarata. L’imputato ha più volte ricordato di essere stato vittima di estorsioni, subendo danneggiamenti nelle attività economiche di famiglia. La decisione dei giudici di appello potrebbe arrivare a maggio. Le parti civili sono assistite dai legali Antonio Gagliano e Luigi Miceli Tagliavia.