Gela. I punti di contatto erano in diverse zone dell’isola, nelle province di Palermo, Catania, Agrigento e Ragusa. Erano queste le aree di riferimento per piazzare la droga o per acquistarla, spesso anche all’ingrosso. Per gli investigatori che hanno messo a segno l’operazione “Ianus”, sarebbe stata proprio l’attività basata sulle sostanze stupefacenti il core business dei clan di Cosa nostra. Sono stati documentati decine di episodi, molti caratterizzati proprio dalla fornitura ad altri gruppi di sostanze stupefacenti di ogni tipo. Tra le fila dei Rinzivillo, che per i pm della Dda di Caltanissetta erano ormai rette dal cinquantenne Giuseppe Tasca, l’affare della droga era affidato al suo presunto braccio destro Giuseppe Pasqualino ma anche ad esponenti che si muovevano nel mercato degli stupefacenti, in primis Giuseppe Domicoli. Quando quest’ultimo venne arrestato, allora la copertura del settore non sarebbe comunque mancata, attraverso Salvatore Azzarelli e non solo. Per la droga infatti pare si muovessero pure Mirko Salvatore Rapisarda, Alessandro Peritore, Orazio Monteserrato, Fabio Palumbo e Samuele Rinzivillo. In base alle contestazioni, la filiera sarebbe stata assai lunga e soprattutto per l’area di Catania i contatti erano con esponenti dei clan etnei. Secondo i magistrati della Dda, inoltre, il “salto di qualità” i gelesi l’avrebbero fatto stringendo contatti, sempre nel mercato degli stupefacenti, con i calabresi.
Nel territorio di Reggio Calabria, non sarebbero mai mancate forniture a Giuseppe Borgese e Raffaele Pepè, che a loro volta, inseriti nella ‘ndrina di Polistena, cedevano consistenti quantitativi. A livello locale e non solo, c’erano piantagioni e depositi per la droga, strettamente sorvegliati. Molto spesso, i poliziotti hanno monitorato incontri tra diversi indagati che pare si tenessero in un locale gestito dalla famiglia di Domicoli e in un panificio riferibile a Samuele Rinzivillo.