Parma. Due importanti consorzi, attivi nel settore della metalmeccanica e dell’impiantistica industriale, secondo gli investigatori erano stati trasformati in macchine ben oleate per false fatturazioni e compensazioni fiscali illecite, attraverso una ragnatela di rapporti con altre diciotto società. Una frode da circa sessanta milioni di euro che lo scorso maggio portò i finanzieri di Parma a far scattare gli arresti. Dopo il blitz “Work in progress”, sono arrivate le prime decisioni dei magistrati. Al termine del giudizio abbreviato, scelto dalle difese di alcuni dei principali coinvolti, sono state pronunciate sei condanne. Sei anni e quattro mesi di reclusione a Franco Gigliotti, considerato una delle menti del maxi sistema; quattro anni e due mesi all’imprenditore gelese Francesco Ingegnoso, a capo di uno dei consorzi; tre anni e otto mesi a Pasquale Romeo; tre anni e quattro mesi per Alessandro Vitale e Giuseppe Gigliotti; tre anni e due mesi, infine, a Michele Mari. Oltre alle condanne, è stata disposta la confisca di beni per oltre undici milioni di euro. In totale, al termine di un’indagine durata almeno due anni, sono state coinvolte trentasei persone. Almeno tre società, ritenute cartiere, erano state avviate in Romania. I finanzieri, nel corso degli accertamenti e delle perquisizioni, individuarono e sequestrarono anche lingotti d’oro.
Sono stati accertati oltre tre milioni di euro di compensazioni fiscali illecite. Il gelese Ingegnoso, da quanto emerso, attraverso la Ifc Impianti aveva rapporti diretti con Gigliotti, che da anni gli inquirenti emiliani considerano vicino alle cosche di ‘ndrangheta. L’inchiesta dei pm di Parma è arrivata fino in città, dato che i finanzieri del comando locale eseguirono l’arresto del commercialista Ennio Di Pietro, conosciuto anche per la sua attività politica. Fu tra i sette arrestati, ritenuto a sua volta vicino ad Ingegnoso, imprenditore da diversi anni con attività soprattutto nella zona di Parma.