60 giorni ostaggio di Asp, la denuncia di una gelese

 
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Gela. Due mesi di quarantena resi ancora più pesanti dalla burocrazia sanitaria. Cure sanitarie negate da una eccessiva positività al Covid andata avanti per due mesi. Dopo 14 giorni di quarantena aveva ritrovato la libertà ma non di vivere una vita reale. Le strutture sanitarie le hanno vietato l’accesso in attesa dell’esito negativo del tampone. Una signora, madre di due figli, risultata a fine luglio positiva al covid-19 intraprende un’estenuante quarantena domiciliare che, sino all’esito dell’ultimo tampone molecolare di ieri, sembrava potesse non avere mai fine. Una realtà insostenibile, aggravata dalle condizioni di salute della signora che la pongono nella situazione di dovere chiedere un immediato supporto medico. Il primo soccorso in ambulanza da parte degli operatori sanitari del presidio ospedaliero Vittorio Emanuele però, le viene negato proprio a causa della sua positività al covid. “Risultato positivo il primo tampone vengo contattata dall’Asp che mi pone in quaranta insieme ai miei bambini che, a differenza mia, si negativizzano subito – racconta Crocifissa Alario – Il primo tampone effettuato dall’Asp dà esito positivo, il secondo incerto e il terzo nuovamente positivo. Subentrano i primi sintomi, come difficoltà respiratoria e dolore ai denti – continua – ma essendo positiva non mi è stato consentito di accedere alle cure. Inoltre, iniziato l’antibiotico, ho riscontrato problemi allo stomaco, ma contattato il pronto soccorso mi è stato palesato il problema di non sapere come prestarmi soccorso”.

Una quarantena insostenibile che, raggiunto il 21esimo giorno di positività, diventa addirittura paradossale. Ottenuta dall’Asp di Caltanissetta la possibilità di concludere la quarantena domiciliare nonostante l’esito ancora positivo del tampone molecolare, la signora continua ad essere rifiutata dalla sanità proprio per quell’1% di possibilità di contagio. “Giunta al 21esimo giorno l’Asp mi comunica che avrebbero provveduto a consegnarmi la liberatoria precisandomi di prestare attenzione in quanto, seppur bassa, sussisteva la possibilità di trasmettere il virus – spiega Crocifissa Alario – Provai ad effettuare una radiografia al torace, ma considerata la mia positività mi fu negata la possibilità di sottopormi alla visita nonostante la comunicazione dell’Asp di fine quarantena”. Un calvario che finalmente giunge al termine solo ieri dopo aver ottenuto l’esito negativo di un tampone molecolare eseguito 5 giorni prima a contrada Brucazzi. “Dopo il tampone molecolare dell’8 settembre, provo a contattare ripetutamente il call center, ma nessuno ha mai risposto – afferma la signora – inoltre, non essendo automunita mi trovo costretta a chiedere un passaggio per potermi recare a contrada Brucazzi per effettuare il tampone. È una situazione assurda”. Questa storia, però, è solo una delle tante che vedono coprotagoniste l’inefficienza della sanità e i tanti cittadini che, vittime di covid, continuano a far fronte ad una situazione insostenibile per un supporto richiesto, ma spesso negato.

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