Gela. I lavori edili, preliminari allo sviluppo del progetto della base gas, sono partiti da alcuni mesi. Su “Argo-Cassiopea”, l’investimento sul gas di Eni, al centro anche del protocollo d’intesa del 2014, l’attenzione continua ad essere consistente. Nei primi giorni della prossima settimana, i sindacati del settore incontreranno il management di Enimed, società alla quale è stato affidato l’intero progetto. I segretari di Filctem, Femca e Uiltec (Gaetano Catania, Francesco Emiliani e Maurizio Castania) cercheranno di acquisire elementi utili, per valutare lo stato di avanzamento del cronoprogramma. Sulla carta, la base gas dovrebbe entrare in produzione, non prima del 2024. Si attendono riscontri su un’ultima autorizzazione, per operare in aree demaniali. Il governo nazionale sembra puntare parecchio sulle riserve di gas, individuate a largo della costa locale. Il tavolo tra Enimed e sindacati dovrebbe dare ulteriori elementi, anche se qualche ombra pare arrivare da un rapporto di Assorisorse-Confindustria, che pone il dubbio sull’eventuale revoca delle autorizzazioni già rilasciate ad Eni, anche per “Argo-Cassiopea”. Le linee dettate dal Pitesai, che individuano aree non idonee nelle quali sussistono i vincoli di “Rete Natura 2000”, potrebbero porre una serie di interrogativi sulla sostenibilità di un progetto, che vale quasi un miliardo di euro, e che il governo a più riprese ha individuato tra quelli imprescindibili, a maggior ragione a causa della crisi ucraina. Il vicesindaco Terenziano Di Stefano, insieme all’avvocato Lucio Greco e al dirigente Emanuele Tuccio, ha seguito l’iter per il rilascio dell’autorizzazione del progetto “Argo-Cassiopea”. L’amministrazione ha puntato proprio su un equilibrio tra esigenze produttive e tutela ambientale. Ora, il vicesindaco non comprende i tentennamenti del governo nazionale, che potrebbero mettere a rischio una lunga prospettiva, anche occupazionale. “Si assiste ad un sovvertimento della realtà perché, se da una parte il ministro della transizione ecologica Cingolani non ha mai disdegnato di dichiarare di aspettarsi molto dai giacimenti nello Stretto di Sicilia, in particolar modo a seguito delle sanzioni verso la Russia, concentrandosi molto sui giacimenti Eni “Argo-Cassiopea”; dall’altra, però, e non è aspetto di poco conto, alcuni giacimenti rischiano di subire una revoca, specialmente in quelle aree dove insiste Rete Natura 2000, che a leggere l’analisi di Assorisorse sono divenute aree non idonee. Fatta questa doverosa premessa rispetto ai fatti – dice Di Stefano – e posto che questa amministrazione comunale e il settore dello sviluppo economico hanno lavorato senza sosta per velocizzare le procedure di sblocco del progetto, occupandosi del rilascio di ogni autorizzazione utile all’inizio dei lavori, la domanda quindi rimane, a quale gioco stiamo giocando? Posto che, quindi, non mi preoccupa un’eventuale revoca poiché dal mio punto di vista sarebbe illegittima, mi preoccupa però la confusione sul tema. Se è vero che a pensar male si fa peccato, non è escluso però che è sempre bene prefigurarsi lo scenario possibile futuro e non vorrei né ovviamente si consentirà, che un appesantimento improvviso della procedura possa significare danno per “Argo-Cassiopea”, tenuto conto che il provvedimento rilasciato dal Suap del Comune di Gela tiene conto proprio di Rete Natura 2000 e di tutte le norme ambientali ad oggi in vigore”. Di Stefano lancia la necessità di un “tavolo per fare chiarezza”. Un primo approccio l’avranno i sindacati.
La prossima settimana potrebbe essere importante anche per valutare il futuro più immediato di un progetto, legato al ciclo green di raffineria. Sembra che l’azienda possa decidere di fermare il sistema waste to fuel, per la produzione di bio-olio dai rifiuti. Due anni fa, la Regione autorizzò modifiche che sembravano far propendere per un passaggio della produzione, da una fase sperimentale ad una su vasta scala. L’attività potrebbe non proseguire. I sindacati incontreranno i dirigenti di Eni Rewind. L’impianto locale occupa una decina di operatori. Quello sul Forsu sembrava un investimento, in grado di aprire, anche a livello locale, ad una produzione incentrata sulla trasformazione della frazione organica, in un ciclo di economia green che Eni sta portando avanti, dopo l’avvio della riconversione.