Morte Romano, condanne in appello: non sono ancora state depositate le motivazioni

 
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L'operaio Francesco Romano

Gela. Le condanne in appello sono state confermate a marzo. Venne nuovamente individuata la responsabilità di manager Eni e di riferimenti di società dell’indotto e del circuito della sicurezza, per il decesso dell’operaio trentenne Francesco Romano. Le motivazioni dei giudici nisseni di secondo grado però non sono state ancora depositate. È stato superato il termine di novanta giorni previsto nel dispositivo. I fatti risalgono a dodici anni fa. Il lavoratore, in forza all’azienda Cosmi sud, perse la vita dopo essere stato travolto da un tubo da otto tonnellate, staccatosi da una catasta collocata su un tratto della radice pontile di raffineria. Erano in corso interventi per la sostituzione di una linea. Il giudice del tribunale di Gela, in primo grado, e quelli di appello, hanno individuato responsabilità nella filiera dei controlli. Non sarebbero state osservate le necessarie misure di sicurezza e i piani predisposti avrebbero presentato falle di impostazione. In totale, sono tredici le condanne, con pene comprese fra un anno e otto mesi e un anno e quattro mesi. Ad attendere il deposito delle motivazioni anche la parte civile.

La moglie di Romano, nell’interesse proprio e delle figlie, è nel procedimento. Ha scelto di rimanere nel giudizio, assistita dall’avvocato Salvo Macrì, che in entrambi i gradi ha concluso individuando responsabilità degli imputati per la tragica fine del lavoratore. Le altre parti civili, in secondo grado, hanno formalizzato la rinuncia alla costituzione, a seguito di un accordo raggiunto con le società. Il deposito delle motivazioni fa scattare il termine per la proposizione dei ricorsi in Cassazione. È probabile infatti che le difese degli imputati si rivolgano ai magistrati romani. Escludono un collegamento tra quanto accaduto e le posizioni dei loro assistiti. Per la procura generale, invece, l’area dove si verificò il tragico incidente non era per nulla sicura e non ci sarebbe stata l’attuazione delle misure a salvaguardia dell’incolumità degli operai. Alle società, in relazione alle responsabilità amministrative, fu imposto il pagamento di trecento quote (da 500 euro).

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