Gela. È partita da Gela la sfida per la legalità del Confapi Sicilia. Il primo appuntamento ha preso il via stasera dall’aula magna dell’istituto commerciale “Luigi Sturzo” con il seminario da titolo “Legalità e sicurezza come cultura di impresa.
DLgs. 231/01: regole e opportunità” e in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, l’Università “Niccolò Cusano” e il patrocinio del Comune di Gela.
Prima tappa di una serie di incontri previsti per il mese di dicembre e che Confapi ha voluto organizzare in un momento di grande difficoltà economica, per sostenere e rilanciare il tessuto delle piccole e medie industrie, analizzando le problematiche che bloccano lo sviluppo delle aziende e i fenomeni che inquinano il mercato, quali la dipendenza economica delle aziende da un unico committente, l’usura, il lavoro nero e l’evasione fiscale.
Il seminario tenutosi a Gela, in particolare, ha voluto fornire alla aziende associate un supporto tecnico – giuridico sulla responsabilità civile e penale delle imprese. Il modello organizzativo e di gestione previsto dalla legge 231 del 2001, infatti, è un insieme di procedure che regolano e definiscono la struttura aziendale e la gestione dei suoi processi sensibili e che riduce il rischio di illecito.
Gli effetti che tale decreto può avere sulle attività di impresa sono rilevanti in quanto al di là delle sanzioni pecuniarie e interdittive, il danno di immagine arrecabile all’azienda è di difficile quantificazione. Fornire le aziende, dunque, di un modello organizzativo efficace e sviluppato, in grado di individuare le carenze organizzative che potrebbero portare alla commissione dei reati previsti dal testo normativo.
Tra i tanti interventi apprezzato quello del giovane imprenditore messinese Alessandro Rizzo, Responsabile dell’Ufficio Legalità e Sicurezza del Confapi Sicilia: “ dobbiamo sviluppare le aziende siciliane attraverso percorsi di crescita che prevedano la fiducia nei giovani, nelle eccellenze siciliane, cercando di non far scappare i nostri laureati, i quali non hanno nulla da invidiare ai laureati di altre parti d’Italia.
Dobbiamo fare impresa continuando a lottare contro il sistema mafioso che ci opprime e non crea sviluppo, contrastando il racket delle estorsioni e l’usura”.