Lecce. Ha addirittura messo in dubbio che l’agguato ai suoi danni possa essere stato organizzato dagli imputati, compresi i due gelesi, il quarantottenne Angelo Caci e il quarantacinquenne Rocco Falsaperla. In aula, davanti ai giudici del tribunale di Lecce, è stato sentito il ventottenne Gianni Calignano, che nel maggio di due anni fa, in pieno centro a Nardò, venne raggiunto da colpi di pistola. Per i pm salentini, ad organizzare l’agguato sarebbero stati il sessantacinquenne Francesco Russo e Angelo Caci, che da diversi anni risiede nel Nord Italia. Calignano andava punito perché si sarebbe intromesso in un’estorsione che i Russo avevano aperto ai danni di un esercente locale. I gelesi sarebbero intervenuti a supporto. Calignano, però, ha escluso di aver visto chi gli sparava e ha messo in dubbio anche l’eventuale coinvolgimento degli imputati.
Gli spari a Calignano. I pm della procura leccese, però, contestano il reato di tentato omicidio proprio a Russo e Caci, che avrebbero agito con “modalità mafiose”. Gli altri imputati rispondono della tentata estorsione. A processo, oltre a Russo e Caci, ci sono Rocco Falsaperla, Giampiero Russo (figlio di Francesco), Giuseppe Calignano e Pimentel Roque, una donna cubana accusata di aver coperto la fuga dei Russo e di Caci. A Calignano potrebbe essere contestato il reato di falsa testimonianza, dato che quanto dichiarato in aula non corrisponderebbe agli elementi di indagine acquisiti dagli investigatori e alle dichiarazioni rese dall’esercente finito sotto estorsione.