Gela. Gela come la spagnola Bilbao dopo la riconversione successiva ad un passato fatto di metallurgia e siderurgia? Sì, almeno stando all’imprenditore David Melfa. “Sono tre – spiega – i passi da muovere prima possibile.
Anzitutto, anche insieme agli esponenti dell’associazione Green antinquinamento, stiamo chiedendo lo stop del processo di produzione a pet coke in atto nella fabbrica Eni. Bisogna, inoltre, concentrarsi sulla fase delle bonifiche. Eni vuol lasciare il territorio? Bonifichi e, in questo modo, assicurerà ancora molta occupazione. In ogni caso, dovrà farlo sotto la supervisione di un ente terzo. L’ultimo passo, come già fatto dagli amministratori spagnoli di Bilbao, è quello di riconvertire la città e adeguarla ad altri standard. Nel caso spagnolo, dopo la fine dell’industria siderurgica e di quella metallurgica, lo stato ha investito sulle bonifiche. Sono state realizzate infrastrutture all’avanguardia e, oggi, Bilbao è conosciuta come polo d’attrazione del turismo culturale”.
Melfa, già pronto a lasciare Gela per qualche tempo (solo in vista di un imminente ritorno) dopo i tanti contrasti, sfociati in diverse azioni giudiziarie, con il gruppo Eni, non sottovaluta il tema del rapporto tra tutela ambinetale e salvagurdia dei posti di lavoro. “Esprimo, ed ho espresso anche durante il mese di protesta, tutta la mia solidarietà soprattutto nei confronti degli operai dell’indotto della fabbrica – ammette – hanno scelto di scioperare per difendere un loro diritto. Da questo punto di vista, però, ritengo che per loro, almeno per un certo lasso di tempo, debba essere lo stato ad assicurare i necessari ammortizzatori sociali prima di una diversa collocazione. La tutela dei loro sacrosanti posti di lavoro, circa mille, diventa comunque un costo molto pesante per tutti gli altri cittadini che, inevitabilmente, hanno dovuto sopportare enormi conseguenze sul fronte della salute”.