Gela. Ha un nome e un volto la lavoratrice Rmi che sarebbe stata molestata dal presidente del consiglio comunale, Giuseppe Fava. Grazia Corfù ha 39 anni, separata e madre di tre figli, candidata alle scorse elezioni amministrative con la lista “Gela città aperta” a sostegno della candidatura a sindaco di Angelo Fasulo, ha deciso di uscire fuori dall’anonimato.
Secondo il suo racconto, il presidente Fava l’avrebbe importunata in diverse occasioni, anche alla presenza di altri dipendenti comunali. L’ultimo episodio, probabilmente il più eclatante, si sarebbe verificato intorno alle 13 nella hall del Palazzo di Città, dove sono collocati i distributori automatici del caffè. “Ha cercato di baciarmi e non accettando i miei rifiuti – racconta Grazia Corfù – mi ha morso il labbro. Non ho retto all’umiliazione, così ho reagito mollandogli due schiaffi”. La vicenda, sul presunto caso di molestie sessuali, era stata denunciata su Facebook da un utente anonimo. La donna, oggi, conferma tutto. Il presidente del consiglio Fava si era rivolto ai suoi legali, sporgendo denuncia alla polizia postale per cercare di individuare l’autore del gesto. Lo stesso Fava, negli scorsi giorni, aveva escluso che la lavoratrice descritta dal post sarebbe potuta essere Grazia Corfù. “E’ un attacco politico e non riferito alla mia persona – aveva precisato Fava – Qualcuno probabilmente vuole colpirmi. Non posso avercela con la persona indicata che comunque incontrai nel mio ufficio – sottolinea – circa un anno fa, alla presenza dei dipendenti comunali. Quel racconto è frutto della fantasia di qualcuno che vuole attaccarmi. Ricordo che voleva informazioni circa l’iter di ottenimento di un contributo locativo. Un incontro cordiale, altro che aggressioni o tantomeno molestie. Sono convinto che lei non c’entri nulla, qualcuno l’ha tirata in ballo solo per fini politici personali credendo di potere attaccare il mio operato”.
Non la pensa allo stesso modo Grazia Corfù che nel frattempo sarebbe stata spostata in un altro settore con un provvedimento della dirigente del settore. “Fingeva di parlare a telefono con un responsabile per farmi ottenere il contributo locativo – racconta la donna – ma con gesti inequivocabili mi chiedeva qualcos’altro in cambio. Eravamo soli nella sua stanza. Sono dovuta scappare via”. La vicenda potrebbe avere strascichi sia giudiziari che politici. Non è da escludere che entrambi possano presentare querela.