Gela. “Minacciava di dare fuoco alla casa”: queste le parole rese in aula da uno dei componenti del nucleo familiare che, stando all’accusa, sarebbe stato preso di mira dal cinquantottenne Orazio Di Giacomo e dal figlio ventisettenne Paolo Quinto dopo un grosso prestito di denaro.
I due imputati vennero arrestati dai carabinieri del reparto territoriale con le accuse di usura, estorsione e minacce.
Nel loro mirino sarebbero finiti Gioacchino Lignano e il figlio Alessandro, un imprenditore edile che, trovatosi in difficoltà economiche, si sarebbe rivolto direttamente ad Orazio Di Giacomo.
“Ricordo molto bene – ha ammesso in aula il fidanzato di una delle figlie dello stesso Gioacchino Lignano – che Di Giacomo continuava a minacciare per avere il denaro anche davanti ai bambini. Arrivava nei pressi della nostra abitazione soprattutto nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio”.
Nel corso dell’ultima udienza, inoltre, sono stati sentiti gli investigatori che si occuparono dell’indagine partita dalle denunce presentate dalle presunte vittime. Accuse che sono sempre state ridimensionate dagli avvocati difensori Giovanni Lo Monaco e Michele Micalizzi. Intanto, una serie di documenti che attesterebbero pagamenti effettuati anche attraverso l’acquisto di mezzi agricoli passati subito nella disponibilità di Orazio Di Giacomo sono stati depositati dal pm Elisa Calanducci.
La difesa ha chiesto un termine per valutarli. Durante la prossima udienza, dovrebbe deporre davanti la corte presieduta dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Manuela Matta e Fabrizio Molinari, il collaboratore di giustizia Davide Nicastro.