Gela. Come anticipato da questa testata negli scorsi giorni, la Regione ha dato il via libera definitivo al finanziamento per la copertura dell’accordo di programma, strumento che dovrebbe servire a tracciare i progetti di investimento alternativi a quelli di Eni in città. Venticinque milioni di euro, che gran parte della politica locale e del sindacato hanno bollato come insufficienti. L’area di crisi complessa, successiva alla riconversione green della raffineria Eni di contrada Piana del Signore, tocca oltre venti comuni e con appena venticinque milioni di euro (prelevati da capitoli di spesa già destinati al territorio) difficilmente si potranno garantire le iniziali promesse, sponsorizzate dalla giunta Messinese-Siciliano. “In pochi mesi e grazie alla collaborazione di tutti gli attori istituzionali siamo riusciti a imprimere un’accelerazione significativa alla ricerca di soluzioni per l’area di crisi complessa di Gela – dice il presidente della Regione Nello Musumeci – adesso abbiamo in campo un piano ambizioso di riqualificazione e rilancio anche sul versante occupazionale, che potrà servire da modello per tutte quelle aree dell’isola dove esistono impianti di raffinazione suscettibili di inquinamento come, ad esempio, Milazzo e Priolo”.
Al coro si aggiunge anche l’assessore Mimmo Turano. “Il piano di riconversione e riqualificazione – spiega – non è un intervento calato dall’alto, ma nasce dall’ascolto del territorio che ha espresso un fabbisogno di investimento prevalentemente da parte delle piccole e medie imprese. Le pmi saranno realmente le protagoniste del rilancio dell’area di Gela, considerato che ben il 98 per cento delle 432 schede progettuali giunte al ministero per il bando delle imprese che propongono progetti di riconversione con investimenti superiori a un milione e mezzo di euro proviene proprio da loro”. L’amministrazione comunale, che ha collaborato con Invitalia nella procedura della call delle imprese, fino ad ora non ha mai reso pubblico l’elenco delle aziende idonee ai finanziamenti. Neanche i sindacati hanno avuto possibilità di verificare la selezione e da tempo i confederali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl chiedono un incontro proprio al presidente Musumeci. Le risorse stanziate le ritengono del tutto inadeguate. Il monitoraggio dell’uso dei fondi spetta al gruppo di coordinamento e controllo (lo stesso che si è più volte riunito negli anni al ministero dello sviluppo economico) che, tra le altre cose e sempre che ci siano soldi disponibili, potrà tentare la carta di richiedere ulteriori stanziamenti. I numeri attuali non cambiano e i venticinque milioni di euro sono quelli messi sul piatto da Regione e governo centrale.