Una vita dedicata alla scuola ed alla letteratura, Mulè ricorda Nicolò Di Fede

 
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Gela. Un uomo di cultura, aristocratico e profondo conoscitore della letteratura. Così era Nicolò Di Fede, raccontato dallo storico Nuccio Mulè. Dalla sua infanzia ai successi scolastici, dalle energie profuse per gestire il liceo Classico Eschilo e quei sedicimila libri che oggi sono una preziosa raccolta della biblioteca.

Ecco il ritratto tracciato da Mulè per quei giovani che magari non lo hanno conosciuto o sanno solo che a lui è intitolata la ricca biblioteca del liceo Classico.

Nicolò Di Fede nacque a Gela il 30 ottobre del 1925, figlio unico di una famiglia aristocratica. Fin da piccolo abitò nell’attuale palazzo tardo-barocco all’angolo tra il Corso e piazza Sant’Agostino, Poco si conosce della sua fanciullezza se non il fatto che all’età di otto mesi contrasse il virus della poliomelite che gli lasciò la disabilità nella deambulazione, disabilità che mai fu ostativa nel prosieguo della sua vita nell’intraprendere la carriera di docente, di preside e di studioso di letteratura. Dopo aver completato gli studi a Gela, ancora non diciannovenne riuscì a conseguire la laurea in Lettere classiche. Intrapresa la carriera scolastica, fu docente per pochi anni e dopo aver vinto diversi concorsi divenne Direttore della Scuola di Avviamento Professionale che aveva sede al primo piano del Convitto Pignatelli. Dopo l’unificazione della Scuola Media, ritornò a fare per pochi anni il docente al liceo di Gela di Italiano e Latino e poi, nel 1965, divenne preside delI’Istituto Magistrale di Caltanissetta. L’anno dopo fu trasferito al Magistrale di Gela, con sede nei locali dell’ex Ospizio Marino, che fece intitolare a Dante Alighieri. Nel 1973 e fino al 1991 fu preside del Liceo classico. E proprio in questa scuola che dedicò tutte le sue energie per migliorarne il funzionamento e per continuarne la prestigiosa tradizione culturale che vantava fin dalla sua nascita. Non è esagerato affermare che il preside Di Fede sia vissuto per l’affermazione della Scuola e dello studio prima di tutto e per l’azione formativa di essa nei confronti dei giovani alunni anche se accettò suo malgrado i cambiamenti che si produssero nel corso degli anni nella scuola italiana. Pur sottratto all’insegnamento per la sua attività di preside, continuò a interessarsi degli alunni visitando le classi per assistere alle loro interrogazioni ma anche alle spiegazioni dei docenti che spesso di malavoglia sopportavano quelle sortite. Tutto ciò creò una situazione conflittuale al punto tale che diverse volte sfociò in contestazioni non solo degli alunni ma anche dei docenti alla metà degli anni Ottanta. Gli studi e la sua propensione alla Letteratura lo portarono con passione allo studio delle opere di numerosi letterati italiani e stranieri, soprattutto tedeschi.

E la raccolta di più di sedicimila libri della sua biblioteca ne è una dimostrazione. In particolare fu uno studioso della “Ballata”, un genere letterario delle canzoni epiche di carattere popolare e di contenuto narrativo da cui Il Di Fede trasse motivo di ispirazione per una serie di pubblicazioni letterarie oltre a diversi articoli su giornali specializzati come “Humanitas”, una prestigiosa rivista bimestrale di cultura fondata a Brescia nel 1925 con un gruppo di giovani cattolici tra cui, Gian Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI. Nel 1960, in una rivista siciliana di letteratura, fece pubblicare una sua recensione sull’opera di Heinrich, un grande romanzo di guerra dove si metteva in risalto la “carne paziente” (titolo del romanzo) che era quella del soldato tedesco che le ambizioni dei suoi capi comandarono a languire e morire su tutti i fronti d’Europa. Oltre a numerosi articoli sulla rivista bresciana “Humanitas” sulle opere di Brecht, Shiller, Goethe, Buchner ed altri nel 1952 pubblicò, per l’editore Corbaccio di Milano, “La ballata tedesca da Gleim a Shiller”, una pubblicazione che tratta “…del sorgere della poesia popolare, di cui la ballata è la più alta forma” dal XII secolo in poi, trovando consenso negli ambienti letterari italiani ed esteri. In particolare la pubblicazione comparve sul numero 18 della collana “Sussidi Eruditi” di Storia e Letteratura del 1966, repertorio bibliografico della letteratura tedesca in Italia dell’Istituto di Studi Germanici di Roma. Viaggiò in auto per diversi anni in Italia e in Europa, visitando spesso i luoghi che videro la presenza di letterati e di importanti eventi culturali. Diverse volte visitò la Germania completando le sue ricerche, agevolato anche dal fatto che conosceva perfettamente la lingua tedesca. Nel 1977, durante una riunione con i docenti a scuola, ebbe un ictus che riuscì a superare anche se aggravò le condizioni della sua disabilità fisica al punto tale che fu costretto a muoversi con una sedia a rotelle. Nonostante tale impedimento fisico, non diminuì mai il suo impegno verso la Scuola che continuò imperterrito fino al 1991; l’anno dopo fu colpito da un’ischemia che inesorabilmente il 22 novembre del 1993 l’avrebbe sottratto alla vita. Nei momenti del ricovero ospedaliero, le sue ultime parole furono “la poesia è emozione” e con esse chiuse così la parabola vitale di uomo col culto della Letteratura, della Poesia e della Scuola. Al Liceo classico di Gela, il 9 maggio del 2016, si inaugurò la nuova biblioteca che fu intitolata al suo ex preside Nicolò Di Fede.

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