Gela. Un dato è certo. Le responsabilità sul pasticcio del tribunale “abusivo” hanno origini lontane.
Dieci anni per l’esattezza. Ed ora l’attuale amministrazione prova a metterci una pezza. Il Cga, nella nuova sentenza da un lato invita i proprietari dell’area a ridurre la quantificazione del risarcimento, dall’altro indicano tre strade: quella di un accordo, che oggi appare remoto, quella di un nuovo esproprio (costo almeno 3 milioni), o demolizione.
Il problema sta nei numeri. I proprietari sostengono che quando c’è da pagare l’Ici il Comune valuta il terreno 208 euro al metro quadrato ma quando deve quantificare il risarcimento dell’esproprio coattivo si ferma a 35 euro.
Il sindaco sta cercando una soluzione in mezzo e ritiene che sui 100 euro si possa trovare una sintesi, trattandosi di un’area non di pregio a ridosso delle ciminiere Eni.
Sulla vicenda fa fatta chiarezza. Storica. Per riportare la verità dei fatti.
Nel 2007 la giunta comunale guidata dall’allora sindaco Rosario Crocetta individua un’area accanto alla raffineria dell’Eni di proprietà delle famiglie Calafiore, Benvenuti e Sciascia. Il Comune avvia un primo esproprio, riconoscendo un indennizzo che da subito i privati contestano. Quest’ultimi ricorrono al Tar e vincono in primo e secondo grado perché, si scopre, le procedure di esproprio fatte dall’amministrazione sarebbero illegittime.
Crocetta lascia la carica di sindaco e corre per le Europee. Il 28 maggio del 2009, con la delibera n.245, la giunta di centrosinistra approva l’atto “palazzo di giustizia – acquisizione coattiva sanante delle aree al patrimonio indisponibile del Comune di Gela“.
Firmano sette assessori su dieci: tra tutti spicca il vice sindaco Elisa Nuara, poi nominata dallo stesso Crocetta da Presidente della Regione come componente di quel Consiglio di Giustizia amministrativa che oggi si esprime sulla questione. Assenti Enrico Vella (Pd), Giuseppe Fava (Pd) ed Ugo Granvillano (Psi). Ci sono le firme anche di due attuali consiglieri comunali, Carmelo Casano e Sandra Bennici, e poi quelle degli ex assessori Gaetano Orlando, Antonio La Folaga, Davide Giordano e Giuseppe Arancio, attuale deputato regionale dei Democratici.
La giunta scrisse nella delibera facilmente consultabile sul sito del Comune che “gli interessi pubblici possono essere soddisfatti solo realizzando l’opera nella stessa sede in cui è in corso di realizzazione, che i costi per l’eventuale ripristino sarebbero stratosferici a fronte della remunerazione che si offre al privato per il risarcimento integrale del danno, sotto forma di prezzo di acquisizione”.
Il Cga diede ragione ai proprietari e nominò un commissario. A sua volta il commissario, attraverso la perizia di un consulente, stimò in 7 milioni la cifra del risarcimento: 3,5 milioni per il valore del terreno, e altri 3,5 milioni per il danno subito da un’occupazione «illegittima».
I privati hanno chiesto indietro il terreno o un risarcimento congruo.
Oggi, dopo dieci anni, bisogna trovare una soluzione, ma attenzione ai falsi moralisti.