Gela. Turismo subacqueo, visite guidate, valorizzazione del patrimonio sommerso. Gela ha la sua «area marina di tutela archeologica».
Si trova in contrada Bulala e comprende le zone dove sono stati ritrovati tre relitti di navi greco-arcaiche risalenti al VI-V secolo avanti Cristo e si estende, da un lato, lungo tre miglia di costa, e dall’altro per mezzo miglio verso il mare aperto. È stata istituita su iniziativa della soprintendenza del mare di Palermo e della capitaneria di porto di Gela, che l’hanno presentata nel corso di una conferenza stampa nel museo archeologico gelese.
Nel 2010 nella zona interessata furono rinvenuti 102 reperti tra anfore, vasellame, pezzi marmorei e oggetti votivi, prontamente consegnati al museo. Il soprintendente Sebastiano Tusa ha parlato di «importante passo avanti verso la reale tutela dei beni archeologici sommersi che non vanno blindati ma difesi e visitati con apposite autorizzazioni». La zona infatti da oggi è sottoposta a severi vincoli e interdizioni come il divieto di balneazione, di pesca, di fermata e di ancoraggio. Solamente i pescatori professionisti possono pescare rispettando i limiti imposti dall’ordinanza della capitaneria. «Le visite, specie quelle organizzate – secondo Tusa – sono da incentivare perchè il turismo subacqueo è un turismo ricco, non conosce crisi economica e porta notevoli benefici al turismo locale».
Finora solamente uno dei relitti ricadenti nell’area del parco archeologico marino (il «Gela 1») è stato recuperato, inviato in Inghilterra per la bonifica conservativa e restituito alla soprintendenza di Caltanissetta,in attesa che venga esposto in un museo del mare ancora da costruire a Gela (un finanziamento di 5 milioni di euro è andato perduto). Gli altri due, data l’esiguità dei fondi disponibili, saranno al centro di nuove campagne di scavi ma dilazionate nei prossimi tre anni.