Gela. Il progetto del termodinamico a Roccazzelle, nel corso del tempo è stato più volte rilanciato. La società Reflex Solar Power, tra il 2015 e il 2016, ottenne le autorizzazioni necessarie, rilasciate dalla Regione. Da allora, però, l’investimento non si è mai concretizzato. La stessa società, intanto, si è anche rivolta ai giudici del Tar Palermo, richiedendo che venisse dichiarata la nullità di una delle disposizioni, contenuta nel provvedimento autorizzativo. In sostanza, seguendo le autorizzazioni regionali, la società avrebbe dovuto assicurare opere di pubblica utilità al Comune, in misura pari al 3 per cento dell’energia annualmente prodotta. Una “clausola” che gli imprenditori della Reflex Solar Power hanno appunto considerato illegittima e per questa ragione si sono rivolti alla giustizia amministrativa. I giudici amministrativi, però, hanno respinto il ricorso e, tra le altre cose, nelle motivazioni si chiedono se l’azienda abbia ancora interesse a realizzare l’investimento a Roccazzelle, che in origine prevedeva un sistema termodinamico da 12 MWe, per la produzione di energia.
In base alle motivazioni rilasciate dai magistrati amministrativi, “applicando le suddette coordinate ermeneutiche al caso in esame, osserva il Collegio che il resistente assessorato ha esercitato in concreto un potere non già al di fuori di un impianto normativo che lo preveda, quanto piuttosto ha esercitato un potere normativamente attribuito; sicché, si dovrebbe accertare se, nel concreto esercizio, abbia fatto un cattivo uso del potere, ai fini dell’eventuale annullabilità dell’atto. Invero, sebbene l’art. 3 del decreto impugnato abbia un contenuto generico – si legge – in quanto si limita a prevedere “opere di pubblica utilità”, da definire previo accordo con il Comune di Gela, è pur vero che la ricorrente si lamenta piuttosto della percentuale agganciata ai proventi e non all’utile netto; per contro, la predetta nulla ha dedotto specificamente con riguardo alla proposta di realizzazione di opere di pubblica utilità, che, per quanto indicata in modo non specifico, certamente non è – come asserito dalla ricorrente – una misura di carattere meramente patrimoniale, l’unica che potrebbe essere affetta dalla denunciata nullità”. Tra gli altri aspetti richiamati nel ricorso presentato dai legali della società, infatti, si lamentava il fatto che la quota del tre per cento per le opere da destinare al Comune fosse calcolata sui proventi e non sugli utili al netto. I giudici del Tar, hanno invece ritenuto legittima la disposizione, contenuta nel provvedimento autorizzativo della Regione. Non hanno accolto l’istanza per la nullità e allo stesso modo non hanno accertato le condizioni per l’annullamento del decreto dipartimentale che gli uffici regionali rilasciarono nel marzo del 2016. “Nel caso in esame, il secondo atto amministrativo non consegue ad una rinnovata istruttoria, né ad una nuova ponderazione dell’interesse pubblico primario in comparazione con i concorrenti interessi privati: al contrario, in tale atto l’assessorato si limita sostanzialmente a ribadire le valutazioni già svolte in precedenza, in riscontro peraltro non già a un’istanza di autotutela, ma a una richiesta di chiarimenti in ordine all’interpretazione della clausola contenuta nell’art. 3 del decreto n. 684/2015. La nota di chiarimento – aggiungono i giudici – non fa che confermare quanto già disposto con il suddetto decreto, limitandosi a rappresentare quanto emerge dalle disposizioni applicabili”. Per il Tar Palermo, “l’azione di nullità è da rigettare”, mentre è “inammissibile” quella per l’annullamento.