Gela. Il raddoppio del valore delle royalties destinate ad essere versate dai dirigenti del gruppo Eni nelle casse di Palazzo di Città sta creando scompiglio tra i tavoli della multinazionale.
Una prima verifica, non a caso, è già stata effettuata dopo la definitiva approvazione dell’emendamento presentato alla finanziaria votata dai deputati dell’Ars.
In sostanza, i dirigenti locali di Eni hanno comunicato ai segretari delle sigle sindacali dei chimici che i piani d’investimento dovranno necessariamente essere rivisti.
L’aumento delle royalties non garantirebbe la copertura dei costi sostenuti per le ricerche petrolifere e la gestione degli attuali pozzi. Una posizione che non lascia per nulla tranquilli Alessandro Piva della Filctem, Silvio Ruggeri della Uiltec e Francesco Emiliani della Femca.
Il rischio si chiama ridimensionamento di tutte le attività del gruppo in città: i primi effetti, come confermato dai dirigenti di Enimed, dovrebbero sentirsi nell’indotto della fabbrica. A questo punto, sia i funzionari del gruppo industriale che gli stessi sindacalisti intendono accertare, con maggiore precisione, gli effetti pratici prodotti dall’emendamento sui bilanci societari.
Se si decidesse di ridurre gli investimenti anche per quanto riguarda le attività estrattive, la ricaduta potrebbe essere ancor più grave.
Di parere diametralmente opposto, invece, sono i propugnatori dell’emendamento, voluto in primis dagli esponenti del Movimento 5 stelle.
“Altro che ricadute negative – dice il portavoce locale Giuseppe Lo Monaco – l’emendamento passato in aula elimina anche il trucco della franchigia. Ci sarà un notevole aumento degli introiti versati in favore dell’ente comunale. Tutti devono ricordarsi che il gruppo Eni è in debito con la città. Basta con i continui piagnistei”.