Gela. L’intera raffineria di contra Piana del Signore ferma sul fronte produttivo almeno fino al prossimo ottobre. Sono stati i manager del gruppo a comunicarlo durante una riunione organizzata per incontrare i segretari provinciali di Filctem, Femca, Uiltec e Ugl.
In sostanza, Carlo Guarrata, dal prossimo 15 luglio nuovo amministratore delegato del gruppo in città, ha messo in luce tutte le incertezze relative alla stagnazione mondiale del settore raffinazione.
Quindi, si sceglie di non produrre in perdita. Secca, però, è la presa di posizione dei sindacati. “Non possiamo accettare ragionamenti di questo tipo – spiega Francesco Emiliani segretario Femca Cisl – la nostra posizione è chiara. La linea uno deve riprendere a produrre. Adesso, è stata anche ottenuta la media ponderale nel calcolo delle emissioni in atmosfera. Non ci sono scuse”.
Dello stesso avviso il rappresentante Uiltec Maurizio Castania. “Allo stato attuale – ammette – non ci hanno comunicato di eventuali ripercussioni sugli operatori di raffineria. E’ chiaro, però, che se la situazione non dovesse modificarsi, tutto diventerà possibile. La crisi non può essere pagata solo dal nostro sito”.
Dopo l’incontro chiesto dagli stessi segretari per fare il punto della situazione, appaiono quasi scontate nuove forme di lotta. “Abbiamo convocato un consiglio di fabbrica delle rsu sindacali per venerdì – ammette Gaetano Catania della Filctem Cgil – in questa sede ci confronteremo con i lavoratori e definiremo il da farsi. Noi siamo per il lavoro”. Preoccupazione emerge dalle parole del segretario Ugl Andrea Alario. “Chiediamo con forza ad Eni di tornare sui propri passi – dice – e di rispettare l’accordo siglato con le parti sociali in merito al futuro della raffineria che prevede un investimento da settecento milioni di euro. Ci aspettiamo che, già nell’incontro che si terrà a livello nazionale il prossimo 8 luglio fra sindacati e azienda a Roma, ci sia un serio ripensamento”.
La produzione a bassissimo regime, quindi, potrebbe anche preannunciare decisioni più drastiche qualora l’andamento dei mercati segnasse ancora livelli negativi. Dopo quelli dell’indotto, anche i lavoratori del diretto iniziano a temere per il loro futuro più immediato.