Gela. “Un pasticciaccio brutto”, giusto per citare un titolo di Gadda. Burocrazia e politica, ormai da anni, non riescono a chiudere il cerchio per l’avvio dei lavori al porto rifugio, insabbiato a tempo indeterminato. Non solo gli interventi più urgenti, quelli basilari, ma ormai i dubbi sono decisamente pesanti anche quando si tocca il tasto del nuovo porto, un progetto milionario, anche in questo caso avvolto dai fumi della burocrazia e della politica, probabilmente poco illuminata. Passano le amministrazioni comunali, ma il porto rimane insabbiato e gli operatori non possono far altro che allargare le braccia e spesso cambiare aria, scegliendo altri siti. L’ex vicesindaco Simone Siciliano, che durante i tre anni di governo Messinese si è occupato dell’iter, tiene a sottolineare che già durante il suo mandato erano emerse enormi falle, confermate a livello ministeriale. “Sarebbe bastato superare il livore politico e supportare le istanze di chi amministrando il Comune di Gela aveva sollevato la questione con atti ufficiali, sollecitando il ministero dell’ambiente a formalizzare gli impedimenti che non consentivano l’attuazione dell’accordo per il ripristino funzionale del porto rifugio, a valere sugli oneri di compensazione Eni, firmato nell’oramai lontano 2016 – dice – la risposta della Direzione Generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali era eloquente oltre che allarmante e avrebbe dovuto far saltare dalla sedia coloro che oggi ballano sul cadavere annunciato del porto rifugio. Invece, produsse una denuncia alla procura della Repubblica da parte del Comune, come se fosse una voce isolata dal coro di chi invece continuava a sostenere che da lì a breve sarebbero partiti i lavori”. Insomma, l’ex assessore e i suoi se ne erano accorti, ma sarebbero stati isolati da un “livore politico” che andò oltre l’interesse della città. Siciliano cita anche la nota ufficiale che il direttore generale del Ministero dei trasporti inviò alla direzione generale del dipartimento della protezione civile regionale, nella quale si indicava l’assenza della documentazione a supporto della procedura Via. “Giusto per onestà intellettuale e senza presunzione alcuna – continua – sarebbe utile alla città, oltre che sentire esultare chi oggi ha scoperto l’acqua calda, capire come intenda risolvere il problema”.
L’ex numero due della giunta spiega di aver scritto al prefetto, quando era in carica, illustrando le principali emergenze da risolvere. “Invito il sindaco a diffidare da chi sostiene che l’operazione di escavo temporaneo, decisa unilateralmente dall’ex. presidente della Regione, trovi copertura sugli oneri di compensazione Eni. Il Comune, in qualità di proponente e cofirmatario dell’accordo di compensazione – conclude l’attuale segretario di Sviluppo Democratico – non ha mai dato il suo assenso a tale operazione, per cui si consiglia di porre in atto tutte le verifiche del caso, per evitare uno scippo di risorse tutte gelesi su un’opera che al territorio non è servita a nulla. Dopo aver atteso invano, oltre quattordici anni sentendo parlare del progetto della darsena commerciale, auspichiamo di non dover attenderne altrettanti per veder rimuovere un po’ di sabbia e sistemare qualche scoglio. Ci auguriamo che primo o poi, in Regione, qualcuno decida con serietà di prendere in mano la situazione e risolverla”. Mentre la politica fa i conti con quello che non è mai stato fatto, il porto rimane fuori da ogni asse strategico.
Il maxiprogetto del porto e’ ostacolato
a mio modesto parere da forze politiche
che hanno tutto l’ interesse a non far crescere questa città, Licata ,Marina di Ragusa Scoglitti e il porto di Pozzallo hanno trovato il
loro equilibrio , Gela con le sue potenzialità
sarebbe scomoda se poi i nostri politici litigano fra di loro, il gioco è fatto
non dimentichiamo che caltanissetta ha puntato da sembre su Licata fin da tempi dei Borboni lo zolfo del nisseno partiva da quel porto.
Siciliano e piu interessato ora a fare purpette e non prima