Gela. “Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare”. Pensieri e versi con cui Leopardi in uno dei suoi famosi idilli descriveva il bisogno di perdersi nell’infinito, oltre quella siepe che impedisce la vista dell’orizzonte.
Versi che riecheggiano nella mente di chi dal Porto Rifugio della città vorrebbe prendere il mare invece di sentirsi prigioniero di struttura diventata negli anni uno dei tanti simboli delle cose da cambiare. Una perla grezza adagiata in un fondale sabbioso e con poco più di 250 barche ormeggiate.
Un porto divenuto appunto “rifugio” a volte definitivo per i tanti proprietari di barche a vela. Come per Francesco Zinna, proprietario di una splendida imbarcazione ma da tre anni costretto a rinunciare alla sua passione a causa del fondale insabbiato. Per chi, invece, è riuscito a fuggire in altri porti (quello di Licata ad esempio ospita oramai oltre trenta imbarcazioni “battenti” bandiera gelese) l’amore per il mare ha ancora un senso.
Senza la possibilità di rifornimento, bagni pubblici, bus navetta e costi divenuti oramai esorbitanti, spesso i diportisti sono costretti a lasciare la propria barca in balìa delle onde. Come Salvatore Perna, proprietario di una piccola imbarcazione a cui è stata sostituita più volte l’elica del motore a causa dell’impatto con il fondale.
E poi c’è chi del porto vorrebbe farne (giustamente) una fonte di guadagno ma continua a perdere clienti sempre per gli stessi motivi. Come per Antonio Adragna, titolare di un pontile che un tempo ospitava 80 imbarcazioni oggi invece solo 30, costretto a mandare via importanti clienti che non potevano entrare all’interno del porticciolo. Grossi yacht bloccati in mare aperto costretti a fuggire via senza nemmeno poter toccare terra.
Un porto, insomma, “che dovrebbe attrarre turisti” secondo il Presidente della Poseidon Nova Terra, Gaetano Patti e il socio dell’associazione Rosario Romano. Un luogo che non sia stato ferito dai vandali con panchine distrutte, immondizia e quant’altro. Per non parlare poi dell’aumento, per ora bloccato, della quota demaniale che dovrebbe lievitare del seicento per cento. Costi e disagi che si riflettono su chi in mare vorrebbe solo navigare e non scrutare l’orizzonte da terra.