Perquisizioni già quattro anni fa per riciclaggio, al setaccio i contatti di Miano

 
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Carmelo Miano

Gela. Una perquisizione ci fu già quattro anni fa e riguardò pure un agente di polizia gelese che risulta indagato nell’inchiesta sull’hacker Carmelo Miano, il giovane che nell’arco di pochi anni ha messo in crisi i sistemi informartici di sicurezza del Ministero della giustizia, riuscendo a “bucare” diverse procure, compresa quella locale. Materiale informatico, una macchinetta conta soldi, un foglio di carta manoscritto e alcune carte di credito vennero sequestrati al poliziotto dal Nucleo frodi tecnologiche di Roma della
guardia di finanza, in un’inchiesta su ipotesi di riciclaggio. La Cassazione, successivamente, dispose l’annullamento con rinvio nuovamente al gip del tribunale di Gela, per il dissequestro. Intanto, all’agente erano stati restituiti denaro, orologi e altri beni. Ci sarebbero stati contatti frequenti tra il giovane hacker, il poliziotto e altre persone a loro vicine. Per gli inquirenti, gli interessi prevalenti si concentravano sulle criptovalute e sui relativi guadagni. La procura locale segue il filone del riciclaggio in un’indagine che risale a tre anni fa e sulla quale pare che Miano abbia avuto l’interesse di verificare con gli accessi ai sistemi interni. Il giovane, davanti al gip di Napoli dopo l’arresto, ha ammesso quanto gli viene contestato, escludendo però di aver danneggiato le infrastrutture informatiche che forzava. Ci sarebbero milioni di file da verificare e analizzare. Il suo legale, l’avvocato Gioacchino Genchi, si è rivolto al riesame per una misura diversa dalla detenzione in carcere, in attesa che il gip del tribunale partenopeo formalizzi il proprio provvedimento.

Gli inquirenti stanno proseguendo l’attività investigativa e pare vogliano capire se il giovane gelese, che a Roma lavorava alle dipendenze di un’azienda di cybersicurezza, abbia potuto avere contatti con figure dei servizi segreti. Potrebbe essere un punto oggetto di altri interrogatori. Per la difesa di Miano, le contestazioni mosse rispetto agli accessi nei sistemi in dotazione ai magistrati dovrebbero essere di competenza della procura di Perugia e non di quella di Napoli.

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