Gela. Un salto in un passato quasi remoto ma che ancora aspetta di essere interpretato, davanti ad ombre e sospetti che si susseguono da decenni.
L’affondamento a largo di Molfetta. Tra gli affondamenti misteriosi, adesso analizzati anche in una serie di documenti desecretati dei servizi segreti, l’ex Sismi oggi Aise, c’è anche quello della nave cisterna Alessandro Primo. Battente bandiera italiana, di proprietà della compagnia Trasmare, colò a picco nel febbraio di ventisei anni fa, a largo di Molfetta, sulle coste pugliesi. Circa 3.550 tonnellate di rifiuti tossici, soprattutto dicloroetano e acrilonitrile, caricati sulla nave cisterna, presero il largo da Gela con destinazione Ravenna. Il viaggio, però, terminò ben prima. Quei rifiuti tossici sarebbero stati prodotti nell’allora stabilimento Enichem. Il sospetto, rilanciato nel corso del tempo da esperti e inchieste comunque mai concretizzate da veri e propri risultati, è che anche l’Alessandro Primo sia una delle almeno settanta navi a perdere, affondate nel Mediterraneo già da prima degli anni ’90. Un sistema che avrebbe garantito lo smaltimento di rifiuti tossici a costo zero, ovvero in fondo al mare. Proprio In fondo al mar è il portale internet, realizzato da Paolo Gerbaudo e David Boardman, che cataloga tutti i casi sospetti di affondamento di navi, in gran parte utilizzate per il trasporto di rifiuti e materiale industriale. Sulla vicenda dell’Alessandro Primo, partita da Gela nel febbraio del 1991, è stata realizzata una docu-inchiesta, “Profondità svelate”, che analizza dati e documenti, senza trascurare l’impatto di quelle 3.550 tonnellate di rifiuti tossici sull’ecosistema marino. Solo una minima parte del carico è stata recuperata. Ufficialmente, la nave cisterna della Trasmare affondò per imperizia del comandante. Insomma, una manovra sbagliata che, di certo, non ha dissipato le tante ombre.
L’Alessandro primo carico a Gela ACN e non dicloroetano lo ricordo benissimo, e credo che l’affondamento sia accidentale in quanto l’ACN e’ un prodotto molto costoso. Unica pecca dell’Alessandro primo è’ che rullava troppo a causa penso di un baricentro alto ed inoltre la caricazione veniva effettuata con sonde automatiche e non manuali per la tossicità del prodotto. Indi ci può stare l’errore di lettura per la portata massima fuori marca viste le allora avverse condizioni meteo.