Gela. I giudici della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso presentato dalla difesa dell’ex guardia giurata Nicola Incorvaia.
Viene confermata, quindi, la condanna a quattordici anni di reclusione.
I legali dell’ex guardia giurata Nicola Incorvaia, condannato per l’omicidio della moglie Emanuele Vallecchi, si erano opposti alla sentenza emessa dai giudici della corte d’Assise d’appello di Catania. In quel caso, Incorvaia ottenne la riduzione di un anno: venne riconosciuta la provocazione subita al culmine dell’ennesima lite familiare (tecnicamente “omicidio con dolo d’impulso”). Secondo gli avvocati Flavio Sinatra e Cristina Alfieri, difensori dell’imputato, le motivazioni di quella decisione erano del tutto insufficienti. Due diversi organi di giudizio avevano infatti confermato la “provocazione per accumulo di angherie” (le frequenti liti con la giovane vittima) e la circostanza che Incorvaia fosse incensurato.
Il metronotte insomma agì – secondo i giudici – senza premeditazione. Per questo motivo il nuovo ricorso davanti ai giudici romani. Per la difesa, se è vero che anche la corte d’Assise di Catania ha riconosciuto le due attenuanti non è comprensibile la riduzione di un solo anno di pena. Ai 14 anni si giunge perchè Incorvaia ha scelto l’abbreviato, ottenendo uno sconto di un terzo di pena. La pena massima era infatti di 24 mesi.
Nel corso dell’udienza, la procura generale ha comunque chiesto di rigettare il ricorso, confermando il verdetto della corte catanese. Una linea sostenuta anche dai legali dei familiari della vittima, rappresentati dagli avvocati Carmelo Tuccio, Davide Limoncello e Giovanni Cannizzaro. La ventiduenne Emanuela Vallecchi venne ritrovata senza vita all’interno della sua abitazione di via Canalotto. Venne raggiunta da proiettili sparati dalla pistola di servizio dello stesso Incorvaia.