Gela. “Su facebook e non solo sono stato etichettato come un mafioso e Di Blasi ha pubblicato offese impronunciabili”.
La cappella cimiteriale. L’ex direttore generale di Palazzo di Città Renato Mauro ha risposto così alle domande formulate dal pubblico ministero Sonia Tramontana e dai difensori dei tre imputati, il dipendente comunale Saverio Di Blasi, Emanuele Amato e l’ex consigliere comunale Giuseppe Di Dio. Proprio Renato Mauro li denunciò al culmine di una serie di accuse reciproche e, adesso, è parte offesa nel procedimento. Tutto scaturì da una richiesta d’informazioni inoltrata ai tecnici del Comune direttamente da Di Blasi ed Amato, in qualità di rappresentanti delle associazioni ambientaliste Aria Nuova e Amici della Terra. Chiedevano di verificare l’effettivo pagamento degli oneri concessori da parte dell’ingegnere che, molti anni prima, aveva acquistato una cappella cimiteriale. “Dai controlli – ha proseguito Mauro – i funzionari si accorsero che tutta la documentazione era sparita. Allora, decisi di presentare le regolari ricevute che attestavano i pagamenti”.
“Di Blasi mi fotografava anche al bar”. Al centro delle dichiarazioni, soprattutto il dipendente comunale Saverio Di Blasi. “Non ho mai capito le ragioni del suo astio nei miei confronti – ha detto Mauro – addirittura, arrivò a fotografarmi, con tanto d’insulti, mentre mi trovavo in un bar nella zona di Caposoprano”. I difensori dei tre imputati, gli avvocati Joseph Donegani, Antonino Ficarra e Liliana Bellardita hanno puntato sulle tante partecipazioni societarie assunte, nel corso degli anni, proprio dal dirigente. Stando alla difesa, infatti, anche nelle missive contestate si sarebbe fatto riferimento solo ai presunti insuccessi riportati dall’ingegnere. Così, nel corso del loro esame i legali hanno citato casi come Eurobic e Oasi del Golfo. Renato Mauro, inoltre, ha escluso di aver mai subito inchieste giudiziarie. Uno dei legali di difesa, l’avvocato Ficarra, ha però richiamato l’inchiesta sulla Rsa Caposoprano che, tra gli indagati, annovera anche l’ex direttore generale del municipio. “Credo, anche se non conosco gli atti – ha concluso Mauro – che l’indagine partì a seguito di un esposto presentato dall’allora consigliere comunale Giuseppe Di Dio”. Si ritornerà in aula il prossimo 5 aprile.