Gela. Sabato scorso si sono tenuti i funerali del trentasettenne Francesco Giudice, morto nell’astanteria del pronto soccorso dell’ospedale “Vittorio Emanuele”. Un decesso, avvenuto dopo il trasferimento dall’ospedale “Maddalena Raimondi” di San Cataldo, dove era stato sottoposto ad un intervento chirurgico, che ha creato non poco scalpore. I familiari hanno sollevato i primi sospetti, al punto da chiedere verifiche ai magistrati della procura, che hanno dato l’incarico a due periti. Il corpo di Giudice è stato sottoposto ad esami autoptici e gli esperti nominati dovranno ricostruire le cause della morte. Ora, il caso arriva in parlamento. I senatori grillini Antonella Campagna e Pietro Lorefice hanno presentato un’interrogazione al ministro Roberto Speranza. Chiedono di sapere se “intenda intraprendere iniziative a tutela dei pazienti per assicurare i livelli essenziali di assistenza all’ospedale di Gela e più in generale in tutti i presidi ospedalieri dell’Asp di Caltanissetta garantendo il diritto alla salute dei cittadini siciliani attraverso strutture sanitarie adeguate agli standard di un paese civile e idonee a prestare assistenza”. Per i senatori, quella di Giudice potrebbe essere una morte da collegare alle carenze e ai tagli, che nel tempo si sono abbattuti sul “Vittorio Emanuele” e sugli altri ospedali del territorio. Giudice sarebbe ritornato al nosocomio di Caposoprano, perché in quello di San Cataldo, dove era stato operato, non ci sarebbero stati posti disponibili. La sua vita, però, si è spenta nell’astanteria dell’ospedale gelese. Nell’interrogazione, vengono citati alcuni passaggi della relazione prodotta dai manager dell’Asp. “Arriva alle 4,45, per essere ricoverato in uno dei letti dell’astanteria del pronto soccorso, in attesa, anche qui, del posto letto in corsia – continuano – attesa che si protrae fino alle 12,30, ora in cui il paziente va improvvisamente in arresto cardiaco, e dopo circa 25 minuti, grazie alle manovre dei sanitari riprende l’attività cardiaca. Ma il paziente, si legge ancora nella relazione del direttore generale, già intubato e collegato al ventilatore è andato incontro, “prima del trasferimento in terapia intensiva”, a nuovo arresto cardiaco e nonostante le manovre rianimatorie è deceduto alle 14”. Un “calvario” che per Campagna e Lorefice si poteva evitare, anzitutto sanando le troppe carenze della sanità locale. “La sanità della provincia di Caltanissetta è letteralmente al collasso – aggiungono – e presenta problemi patologici che, nonostante l’arrivo del nuovo direttore generale, sono rimasti irrisolti”. Vengono citati la chiusura di diversi reparti, la carenza di posti letto in rianimazione, l’assenza di molte figure professionali, dagli anestesisti-rianimatori agli infermieri, e ancora lo stato precario del pronto soccorso e dei reparti di emergenza e l’assenza di un adeguato numero di medici nel reparto di oncologia. Viene messa in dubbio anche la tenuta igienico-sanitaria della struttura.
“A dispetto della previsione in pianta organica, si continua a lavorare in una condizione quantomeno precaria che si traduce, di fatto, in un’organizzazione assolutamente inadeguata rispetto alle esigenze dell’elevatissimo numero di malati oncologici di questi territori. Ciononostante i dirigenti medici, attualmente in servizio presso l’Unità Operativa Complessa (UOC) del Presidio Ospedaliero (PO) di Gela – concludono – non si sono mai risparmiati rispondendo, al meglio delle loro possibilità, alle istanze dell’utenza“. In un territorio già fortemente segnato dalle conseguenze dell’industrializzazione, con percentuali di malati e moti superiori alle medie, adesso si attende una risposta direttamente dal governo.