“Mondo opposto”, mafia riorganizzata: aperto dibattimento, a processo anche un poliziotto e un carabiniere

 
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Gela. Cosa nostra, secondo i pm della Dda di Caltanissetta e i carabinieri che eseguirono il blitz, si era riorganizzata, con base a Niscemi e attraverso la presenza di supporti da Gela e da altre aree del sud della provincia. Questa mattina, davanti al collegio penale del tribunale gelese, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Fabrizio Giannola), è stato aperto il dibattimento scaturito dal blitz “Mondo opposto”. Sono otto gli imputati rinviati a giudizio e che non hanno optato per riti alternativi. Si tratta del gelese Emanuele Burgio, del carabiniere niscemese Giuseppe Carbone, dei mazzarinesi Alessandro Fausciana, Gaetano Fausciana e Salvatore Fausciana, del poliziotto in pensione niscemese Salvatore Giugno e inoltre di Antonino Pittalà e Salvatore Pittalà. Il pm dell’antimafia Davide Spina, i legali di parte civile e quelli degli imputati, hanno avanzato le rispettive richieste istruttorie. Nel procedimento, già in udienza preliminare, si sono costituiti parti civili, il Comune di Niscemi (con il legale Paolo Testa), i Ministeri dell’interno e della difesa, tramite l’Avvocatura dello Stato (con il legale Giuseppe Laspina), la Federazione antiracket Fai e chi avrebbe subito pressioni, minacce e danneggiamenti. Tra i legali di parte civile, gli avvocati Giuseppe D’Alessandro, Mario Ceraolo e Andrea D’Alessandro. Uno dei procedimenti attivati per fatti poi confluiti nella maxi inchiesta è stato riunito al troncone processuale principale. Secondo le accuse, il nucleo di Cosa nostra era stato riorganizzato sotto la guida dei fratelli niscemesi Alberto Musto e Sergio Musto, che ne rispondono con il rito abbreviato, davanti al gup del tribunale di Caltanissetta. Avrebbero usufruito di informazioni che pare arrivassero principalmente dal poliziotto in pensione Salvatore Giugno. La forza intimidatrice sarebbe stata alimentata dalla disponibilità di armi. Secondo gli inquirenti, il gruppo di mafia puntava a controllare attività economiche senza trascurare eventuali ritorsioni a danno di chi si opponeva. Gli imputati, nel procedimento ordinario che si è appena aperto, sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Flavio Sinatra, Danilo Tipo, Antonino Ficarra e Agata Maira.

Sempre questa mattina, nel procedimento in abbreviato, hanno concluso i difensori di diversi imputati. Hanno respinto i pesanti addebiti, Gianni Ferranti e Giovanni Ferranti, con i difensori Joseph Donegani e Francesco Mascali; i gelesi Luigi Cannizzaro e Vincenzo Cannizzaro, con gli avvocati Angelo Cafà e Antonino Grippaldi; Paolo Rizzo, attraverso il legale Giuseppe Napoli; Giuseppe Auteri, rappresentato dall’avvocato Salvatore Leotta; Francesco Piazza, con l’avvocato Claudio Bellanti. In aula, si tornerà a fine mese, quando è prevista la decisione. La Dda ha concluso indicando condanne per tutti gli imputati. Oltre che nei confronti dei fratelli Musto, le accuse sono mosse ad Andrea Abaco, Giuseppe Auteri, Francesco Cantaro, Mariantonietta Caruso, Viviana Caruso, Francesco Cona, Davide Cusa, Renè Distefano, Giuseppe Manduca, Carlo Zanti e Francesco Torre. Un altro gelese imputato nel procedimento in abbreviato è Carmelo Raniolo, difeso dall’avvocato Nicoletta Cauchi. Gli imputati sono rappresentati inoltre dagli avvocati Francesco Spataro, Ennio Adamo, Antonio Vincenzo Arcerito, Donatella Cinzia Singarella, Maurizio Scicolone, Monica Catalano, Vita Mercolillo, Antonino Di Gregorio, Riccardo Incarbone e Luca Del Bue.

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