Vallelunga. Il decreto di confisca è diventato definitivo da alcune settimane: a pronunciare l’ultima parola sulla sorte di una parte dei beni posseduti da Antonino Lo Iacono sono stati i giudici della corte di cassazione.
Sotto chiave, così, in maniera definitiva, sono finiti beni per oltre un milione di euro. Lo Iacono, infatti, viene ritenuto dagli inquirenti uomo di maggior prestigio del clan retto dall’indiscusso boss Giuseppe Madonia.
La confisca riguarda non solo conti corrente ma anche beni immobili sparsi tra Vallelunga Pratameno e la provincia ligure. Da decenni, Lo Iacono vive proprio in Liguria, dove avrebbe retto le sorti del gruppo criminale di cosa nostra seguendo le indicazioni impartite dallo stesso Giuseppe Madonia. La decisione pronunciata dai magistrati di cassazione conferma le precedenti valutazioni fornite sia dai giudici della corte d’appello di Caltanissetta che da quelli del tribunale di primo grado nisseno.
Stando alle conclusioni fornite dagli inquirenti, con in testa gli agenti della direzione investigativa antimafia, buona parte dei beni rientranti nella disponibilità di Lo Iacono erano stati intestati ai suoi familiari: nel tentativo, appunto, di evitare un’eventuale stretta delle indagini.
Durante le analisi tecniche compiute, però, è emersa una vera e propria sproporzione tra il reddito dichiarato dai parenti di Lo Iacono e i beni a loro intestati. Dopo la decisione pronunciata dai giudici della corte di cassazione, anche i funzionari dell’agenzia per i beni sequestrati e confiscati hanno avviato la procedura ufficiale, dando avviso agli eventuali creditori delle imprese riconducibili al presunto braccio destro di Giuseppe Madonia.
Nel suo patrimonio, infatti, rientrano anche alcune aziende impegnate nel settore dell’edilizia, soprattutto nell’area ligure. Antonino Lo Iacono avrebbe retto le fila del gruppo di cosa nostra in Liguria sulla rotta Campomorone-Sant’Agata Fossili: quindi, in provincia di Genova e fino a quella piemontese di Alessandria. Adesso, però, i magistrati della cassazione hanno sancito la definitiva confisca di una parte del suo patrimonio.
Allo stesso tempo, Lo Iacono sta affrontando una serie di processi che lo vedono imputato con l’accusa di aver capeggiato le bande di cosa nostra al nord. Così, i beni intestati alla sua famiglia ma a lui riconducibili diventano patrimonio dell’agenzia specializzata nella gestione di sequestri e confische. Non a caso, i primi avvisi verso tutti i possibili interessati sono già stati pubblicati.
Durante le indagini, inoltre, emerse la presenza di un caseggiato, scoperto a Vallelunga Pratameno, diviso fra lo stesso Lo Iacono e il boss Giuseppe Madonia. Da decenni, proprio il capo indiscusso di cosa nostra nissena avrebbe fatto affidamento sui servigi di Lo Iacono che dalla provincia nissena si spostò in Liguria senza mai dimenticare gli ordini impartiti dai capi.
La forza economica delle sue imprese gli avrebbe permesso, fra le altre cose, di acquisire appalti banditi dai funzionari di diverse amministrazioni pubbliche liguri, soprattutto nella zona dell’Alta Valpolcevera.