Traffico di reperti archeologici in Sicilia e Calabria, un gelese arrestato: "Forti interessi della 'ndrangheta"
Anche la 'ndrangheta avrebbe avuto forti interessi nel traffico di reperti archeologici scoperto con l'inchiesta "Ghenos-Scylletium"
Catania. L'operazione è vasta, coordinata da procure siciliane e calabresi. Anche la 'ndrangheta avrebbe avuto forti interessi nel traffico di reperti archeologici scoperto con l'inchiesta "Ghenos-Scylletium". Tra i coinvolti, il gelese Simone Adriano Pretin, sottoposto a detenzione in carcere. La procura di Catania e i carabinieri, a partire da quelli del nucleo tutela patrimonio artistico, hanno dato esecuzione a decine di provvedimenti restrittivi. All’esecuzione hanno contribuito il Comando provinciale dei Carabinieri di Catania, il 12° Nucleo Elicotteri, lo Squadrone Eliportato “Cacciatori Sicilia” e reparti territoriali di Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Enna, oltre a unità di Roma, Firenze, Ravenna e Ferrara, con estensioni operative nel Regno Unito e in Germania. I coinvolti sono accusati di fare parte di diverse associazioni a delinquere che avrebbero messo nel circuito legale e non importanti reperti archeologici, trafugati da aree siciliane. L’indagine venne avviata nel 2021 dopo la denuncia del Parco Archeologico di Agrigento per ripetuti scavi clandestini ad Eraclea Minoa (Cattolica Eraclea). Per i pm calabresi, gli Arena di Isola Capo Rizzuto avrebbero controllato diversi flussi, anche verso l'estero. In Sicilia, sono state eseguite quarantacinque misure. Undici invece in Calabria.
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