Gela. E’ durata per molte ore l’udienza del dibattimento scaturito dall’inchiesta “Camaleonte”, che ebbe come fulcro gli imprenditori del gruppo Luca. Questa mattina, davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, si sono susseguiti diversi testimoni, chiamati a riferire su domande delle parti. Il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che per anni ha prestato servizio in città, ha esposto le ragioni della propria posizione, respingendo per intero ogni addebito. Per i pm della Dda di Caltanissetta, avrebbe favorito proprio i Luca, ottenendo in cambio presunte controprestazioni. Una ricostruzione che il poliziotto ha rigettato. Ha richiamato il suo ruolo durante il periodo di servizio in città e le tante denunce che riuscì a mettere insieme, soprattutto di esercenti e imprenditori vessati dalla criminalità organizzata. In quella fase, vennero condotte operazioni di rilievo finalizzate a scardinare i clan del territorio. Ha risposto alle domande che gli sono state poste, anzitutto da uno dei suoi difensori, l’avvocato Giacomo Ventura. Per i legali degli imputati, i Luca non si servirono di una presunta vicinanza ai clan di mafia, anche etnei, ma al contrario furono vittime, costretti a loro volta a pagare. In aula, un imprenditore gelese ormai da anni attivo in Lombardia, in provincia di Varese e non solo, ha ricordato che con con l’uscita dal carcere di Rosario Vizzini iniziò un’azione “a tappeto” per la messa a posto. Ha spiegato che tra le aziende edili maggiori, in quel periodo, c’era quella avviata da Francesco Luca, a sua volta imputato. “Anche a lui fu chiesto di pagare”, ha precisato l’imprenditore. Cosa nostra gelese nel nord Italia si faceva sentire e puntava a mettere sotto scacco tanti operatori economici e imprenditori, che avevano ormai come base delle loro attività proprio la Lombardia e non solo. “Vizzini spiegò che agiva per conto di Antonio Rinzivillo”, ha continuato l’imprenditore. Fu proprio lui, come ha riferito rispondendo alle domande avanzate dai banchi della Dda, ad aver incontrato il boss. “Non mi fece pressioni”, ha sottolineato. Gli imprenditori e gli esercenti gelesi presi di mira in quel periodo iniziarono a riunirsi e tra questi c’era Francesco Luca. Ci furono successivamente le denunce, sporte a seguito dell’azione di Giudice, che a sua volta iniziò a prendere contatti con i destinatari delle messe a posto. Durante l’udienza, è stato approfondito l’aspetto della gestione societaria portata avanti dagli imprenditori imputati.
Sono stati ascoltati, sempre come testimoni, consulenti e l’attuale amministratore giudiziario delle aziende del gruppo Luca. Inoltre, uno dei poliziotti che operò in passato nella sezione di polizia giudiziaria. Sono a processo, Salvatore Luca, Rocco Luca, Francesco Gallo, Concetta Lo Nigro, Emanuela Lo Nigro, Maria Assunta Luca e l’altro funzionario di polizia Giovanni Arrogante. Gli imputati sono rappresentati dai legali Antonio Gagliano, Filippo Spina, Flavio Sinatra, Carlo Taormina, Carmelo Peluso, Luigi Latino, Fabio Fargetta e Alessandro Diddi, Michele Ambra, Emilio Arrogante e Marina Giudice.