Gela. Fino ad ora, la politica locale non si è sbilanciata rispetto all’ultima emergenza dell’indotto Eni, ovvero la possibile revoca dei contratti all’azienda Amarù, una delle storiche società della fabbrica di contrada Piana del Signore. Il coinvolgimento dell’imprenditore Rosario Amarù nell’inchiesta “Double face”, quella sul presunto sistema Montante, starebbe pesando sulle decisioni della multinazionale. Fino ad ora, non c’è stato un provvedimento ufficiale ma i lavoratori dell’azienda, nelle scorse settimane, hanno anche organizzato un sit-in di protesta. Non ci stanno a lasciare un’azienda che ritengono solida e in salute. Molto dura contro la possibile esclusione è la vicepresidente della commissione comunale sviluppo economico Sandra Bennici. “I duecento dipendenti della società protestano nei confronti di Eni, e a ragione, contro un’improvvisa ed inaspettata revoca delle commesse di lavoro, in relazione ad un avviso di garanzia nei confronti del titolare Rosario Amarù, che ha peraltro ceduto ad altri la rappresentanza legale della società per meglio difendersi – dice il consigliere comunale – ma l’Eni si sa a Gela per sessant’anni ha fatto ciò che ha voluto e si è sostituita da sempre alle decisioni della città, con una classe politica e dirigente sempre compiacente ed accondiscendente anche quando, come in questo caso, si butta in mezzo alla strada il destino di duecento famiglie. A Gela il senso della solidarietà a volte si nasconde dietro un falso perbenismo giustificato solo dall’eventuale presenza di propri scheletri nell’armadio. Tutti sanno che un avviso di garanzia è emesso proprio a garanzia dell’indagato eppure è sufficiente a gridare “colpevole”. Eni sa che sono necessari tre gradi di giudizio”. Bennici biasima proprio il silenzio della politica e lancia duri strali contro la multinazionale.
“Il silenzio della politica mi preoccupa e mi sconforta perchè vuol dire che a Gela può accadere di tutto, così come è sempre stato – dice ancora – Eni ha sempre deciso per noi. Ha scelto di investire senza salvaguardare la salute dei cittadini e dell’ambiente. Ha deciso di chiudere lo stabilimento, buttando fumo negli occhi senza un progetto alternativo credibile. Oggi, decide di penalizzare le aziende gelesi, creando disperazione e lo fa con la solita tracotanza difronte all’indifferenza di tutti. La città deve alzare la testa verso chi ha solo preso e ha dato briciole. E’ necessario riprenderci quello che ci appartiene di diritto e cioè la dignità di trattare alla pari, senza imposizioni o sudditanze, altrimenti vada via finalmente bonificando tutte le aree inquinate, dentro e fuori lo stabilimento, portandosi via quell’ammasso di ferraglia”. Un’uscita quasi inattesa, quella del consigliere comunale che da tempo ha scelto di collaborare con l’amministrazione comunale. Non a caso, l’ultimo messaggio riguarda proprio i 32 milioni di compensazioni che Eni deve versare alla città, dopo la firma del protocollo d’intesa di quattro anni fa. “In relazione ai 32 milioni di compensazioni promessi da Eni – conclude – la città è pronta a decurtarli dai costi di bonifica, se a quella data Eni avrà avuto il buon senso di erogarli effettivamente”. Un attacco frontale che arriva direttamente dai banchi dell’assise
Allora il presidente bennici dopo queste affermazioni importanti se ne e capace faccia la guerra se ci riesce all eni e ripristini i diritti di cui parla che la politica che lei rappresenta ha fatto venir meno. Che lotti per le bonifiche e gl investimenti altrimenti le sue come quelle di tutti gli altri politicanti saranno solo l ennesime chiacchiere