Gela. Gli accertamenti nell’area del Biviere proseguiranno, anche sulla base delle attività di verifica riprese la scorsa estate. Il dipartimento regionale acqua e rifiuti ha pubblicato il piano di indagini integrative al piano di caratterizzazione. Le ultime attività di controllo, più approfondite, risalgono ad oltre un decennio fa. I responsabili della Riserva, a partire da Emilio Giudice, hanno più volte sottolineato l’incidenza delle discariche abusive ma anche delle aree un tempo usate per smaltire scarti della lavorazione di idrocarburi. Più in generale, inoltre, gli operatori della Riserva protetta non hanno mai escluso che l’attività agricola intensiva, sviluppata nel resto del territorio, possa avere risvolti non favorevoli per gli equilibri del lago e dell’intera zona. Il piano integrativo si concentrerà su interventi per verifiche dei suoli profondi nei punti di quella che fu un tempo una sorta di discarica per idrocarburi. Il dipartimento fa richiamo ad una “presunta discarica di idrocarburi”. E’ previsto ancora l’approfondimento di “aspetti relativi alle potenziali contaminazioni riscontrate nelle precedenti caratterizzazioni e riguardanti in particolare la matrice terreni, con riferimento ai top soil, alle acque sotterranee e ai sedimenti del lago dell’intera Zona A”, si legge nelle carte pubblicate dal Ministero dell’ambiente. Si dovranno acquisire dati per “un’eventuale predisposizione dell’analisi di rischio sito specifica”, qualora emergesse un superamento delle soglie di Csc. Il punto della discarica di idrocarburi venne sottoposto ad attività di verifica e indagini, già nel 2011. La superficie della zona A sarà al centro di un “campionamento” per la ricerca di “amianto, Pcb e diossine-furani”. Lo stesso vale intorno ad alcuni sedimenti del lago. E’ ricompresa una ricognizione attraverso una “campagna di piezometri per la ricerca di metalli e anioni”. In base al piano integrativo si dovranno infine “eseguire le indagini sito-specifiche nei punti ove risultassero superamenti delle Csc, finalizzate alla predisposizione dell’analisi del rischio”. Due anni fa, a livello ministeriale, c’era stata un’archiviazione della procedura in essere ma di recente gli accertamenti e i nuovi sopralluoghi hanno fatto riaccendere l’attenzione, pure sulla base di quanto spesso denunciato da Giudice e dagli operatori dell’area protetta.
Se il dipartimento regionale ha predisposto il piano di indagini integrative, da Arpa Sicilia arrivano invece conclusioni legate alle acque del lago. Nel rapporto appena reso pubblico, si sottolinea che “lo stato chimico risulta “non buono” ed è dovuto alla concentrazione di mercurio rilevata in colonna d’acqua”. “Questo dato è stabile negli anni dimostrando che il mercurio è un inquinante persistente nel Biviere”, si legge. Si ribadisce infine che “lo stato ecologico “sufficiente” è da ricondurre all’elevato livello trofico (LTLeco), all’Eqb fitoplancton e alla presenza di arsenico nella colonna d’acqua. Lo stato chimico “non buono” è dovuto alla concentrazione di mercurio e cipermetrina”. Arpa Sicilia, nel rapporto annuale sul monitoraggio dei laghi e degli invasi siciliani, conclude indicando “il Biviere di Gela come un corpo idrico a rischio”. “Occorrerà pertanto intraprendere programmi di misure istituzionali e di tutela ambientale volti a mitigare l’effetto elle pressioni esistenti”, è riportato. Tutti fattori che fanno rilevare ancora di più come siano probabilmente decisive le concentrazioni di attività produttive e agricole in quel territorio. Non è mai stato facile pervenire ad un equilibrio consolidato tra contesti confinanti ma decisamente differenti.