Gela. L’incidente nell’area pontile della raffineria Eni risale allo scorso novembre. Un operaio sessantenne di un’azienda edile dell’indotto è finito in mare dopo un possibile cedimento di uno dei ponteggi allestiti per i lavori. Ha riportato gravi ferite e uno stato di shock che persiste ancora oggi (i medici gli hanno imposto una prognosi di quaranta giorni). Sono stati i due compagni di lavoro che erano con lui ad impedire conseguenze più gravi, riportandolo sulla struttura. Agli operai coinvolti nella vicenda, a cominciare dal sessantenne ferito, è stata però comminata la sospensione dal lavoro per quindici giorni. Nel provvedimento emesso si fa riferimento ad una “grave violazione in materia di sicurezza” e al fatto che nella fase di smontaggio del ponteggio non sarebbero state rispettate le indicazioni poste. Conclusioni che però trovano la netta opposizione delle associazioni. I rappresentanti di Aria Nuova, Amici della Terra-Gela e dell’Osservatorio nazionale amianto chiedono che la sospensione venga revocata. “Non ha alcuna colpa – dice Saverio Di Blasi di Aria Nuova – quel ponteggio gli è quasi crollato addosso. Chi ha fatto i controlli? Perché è stata decisa la sospensione? Noi stiamo per depositare un esposto alla magistratura. Il provvedimento di sospensione è stato impugnato attraverso un legale. Per noi, in questa vicenda ci sono troppe anomalie. Non vorremmo che la sospensione sia stata decisa come forma di ritorsione. L’operaio rimasto ferito è stato del tutto abbandonato dai sindacati”.
Anche Salvatore Granvillano e Salvatore Cappello, di Ona e Amici della Terra-Gela, chiedono che la sospensione venga revocata. “E’ assurdo che gli operai siano stati sospesi dopo quanto accaduto”, concludono. L’azienda datrice di lavoro, nel provvedimento, conferma invece che la sospensione, dopo le verifiche dei tecnici, è stata decisa proprio per responsabilità dei dipendenti, che non avrebbero rispettato i piani di lavoro.