Gela. Sono tanti ancora i “casi irrisolti”. Operai rientrati in città dalle zone del contagio che si sono autodenunciati, mettendosi in quarantena, ma dopo aver effettuato il tampone non hanno più avuto alcuna risposta. C’è chi non vede le famiglie già da quattro mesi e si fa fatica ad andare avanti, alla ricerca del minimo indispensabile. Giuseppe Incorvaia, Giovanni Vella, Danilo Vella, Emanuele Vella, Emanuele Vitellaro e Luca Astuti, sono solo alcuni di quelli che non riescono ad avere informazioni dalle autorità sanitarie. I tamponi li hanno effettuati tra fine marzo e i primi giorni di aprile, ma ancora niente. I familiari di uno di loro parlano di “sequestro di persona”. “Avevano promesso gli esiti entro due o tre giorni, invece nulla – continuano i familiari – sono costretti a vivere in condizioni estreme a Manfria. Di chi è la responsabilità?”.
Nessuno di loro ha sintomi che possano ricondurre ad un eventuale contagio, ma non possono assolutamente muoversi, almeno fino a quando non arriverà l’esito dei tamponi. Lillo Speziale, ormai ex parlamentare all’Ars, ha denunciato un caso analogo. Nel suo profilo social ha postato un commento solidale. “Mi viene riferito che un gruppo di lavoratori rientrato a Gela prima del 14 marzo, autodenunciatosi e regolarmente in quarantena, senza famiglie e in immobili distanti dal centro abitato è in attesa di risposte per potere rientrare nelle proprie abitazioni, qualora il tampone fosse negativo. Domenica sarà Pasqua e mi auguro che gli organi preposti facciano in fretta. Non è giusto che per ritardi amministrativi stiano ancora lontani dalle loro abitazioni e dagli affetti più cari”.