Gela. L’emergenza idrica è una costante fissa in città. Cambiano le giunte, ma l’acqua (già non potabile) si fa fatica ad averla anche per le semplici esigenze di base, mentre le bollette salate giungono con puntualità assoluta. Giovedì, si è tenuto l’ennesimo vertice, con i sindaci dell’Ati (il primo cittadino di Niscemi Massimiliano Conti e l’avvocato Lucio Greco) che hanno incontrato i manager di Siciliacque e Caltaqua. Sovrambito e ambito, da anni decisamente poco efficienti, si sono impegnati a risolvere l’ultima crisi idrica, solo in ordine di tempo. Per il resto, non ci sono grandi novità. Greco ha scritto ad Asp, prefetto e assessorato regionale alla salute, ritenendo che il problema vero siano i furti d’acqua nella zona tra Gela e Licata e che bisogna monitorare. Mancano però decisioni forti, a partire da sanzioni che andrebbero imposte alle società che violano quanto previsto dai contratti di fornitura. L’erogazione h24 è una specie di miraggio in quartieri che spesso non ricevono forniture anche per settimane. Greco e gli altri sindaci della commissione tecnica, accertando violazioni contrattuali da parte di Caltaqua, lo scorso anno hanno votato per lo scioglimento del rapporto. Tema, adesso, praticamente cancellato dall’agenda ufficiale.
L’Assemblea territoriale idrica sta attendendo di arrivare a prendere pieni poteri, nella fase di transizione che la porterà a raccogliere definitivamente il testimone dall’Ato Cl6 in liquidazione. Allo stesso tempo, però, Siciliacque e Caltaqua continuano a giostrare come meglio credono, con danni enormi per cittadini costretti a ricorrere ai padroncini privati delle autobotti, sempre che ne abbiano le possibilità economiche, con la beffa di dover pagare per intero anche le bollette che vengono recapitate, pure dopo intere settimane senza forniture. Ci vuole molto più che un monitoraggio costante e i sindaci dovrebbero iniziare ad assumere decisioni a tutela degli utenti.
La tanto sbandierata rescissione è stata abbandonata per gli ottimi riscontri dell’ultimo anno?