Gela. Le tute blu si sono spinte oltre il confine del petrolchimico per ripulire la spiaggia inquinata da chiazze di catrame. Con in testa gli elmetti gialli obbligatori nei cantieri di lavoro e in mano rastrelli e sacchi di plastica, hanno dribblato i pochi bagnanti presenti in spiaggia per eliminare ogni traccia di inquinamento.
Segno che il petrolio liberato, martedì mattina, dall’impianto “Topping 1” della Raffineria del colosso Eni, non è stato completamente arginato. Le squadre antinquinamento sono a lavoro ormai da tre giorni, anche con turni notturni, lungo il fiume Gela e nello specchio di mare antistante la città. Ieri, undici addetti della ditta Sclass sono entrati in azione tra i pochi bagnanti nel tratto di spiaggia adiacente gli stabilimenti balneari, confermando la presenza di chiazze nere legate alla fuoriuscita di petrolio che ha causato un disastro ambientale in città. A sollecitare il loro intervento sono stati i gestori dei lidi che insistono nel tratto di spiaggia che costeggia il lungomare. “Siamo stati contattati dai titolari degli stabilimenti balneari – ammette Salvatore Orami, della capitaneria – che hanno segnalato la presenza di chiazze nere in spiaggia. Gli addetti della ditta Sclass sono intervenuti tempestivamente, ma dobbiamo verificare meglio l’entità dei danni”. Solo quattro i bagnanti presenti in spiaggia. “Da oltre 40 anni vivo a Monza – spiega Serafino Italiano – ma non avverto nessun cambiamento. Con l’insediamento dell’Eni le famiglie si spostarono verso Manfria perché il mare era inquinato. Temo, nonostante gli sforzi dell’amministrazione comunale, si stia tornando indietro”.