Gela. Riscontri incerti, almeno da quanto emerso oggi in aula, su presunti rapporti dell’imprenditore Francesco Luca con esponenti della criminalità organizzata, sia locale che catanese. Per alcune ore, è stato sentito il colonnello della guardia di finanza che coordinò l’inchiesta “Camaleonte”, concentrata quasi esclusivamente sul gruppo imprenditoriale Luca e sui presunti legami con ambienti mafiosi. Il testimone, davanti al collegio penale del tribunale (presieduto dal giudice Miriam D’Amore) si è spesso riportato al contenuto della maxi ordinanza che fece scattare le misure cautelari e all’attività svolta da altri finanzieri che si occuparono dell’inchiesta e delle verifiche. “Non sono in grado di rispondere”, ha detto quando gli è stato chiesto, dalla difesa, se fossero stati appurati legami e contatti tra Francesco Luca e uomini della famiglia mafiosa dei “Carcagnusi”. Al contempo, la difesa ha sottolineato che anche rispetto alla figura di Rosario Vizzini, oggi collaboratore di giustizia e in passato tra i leader di cosa nostra gelese in Lombardia, Luca denunciò diverse intimidazioni e danneggiamenti subiti dalle sue attività. Stando alla difesa dell’imprenditore, imputato insieme ai familiari che hanno fondato il gruppo economico, l’inchiesta ha arrecato “danni enormi”. Nel corso del controesame, la difesa ha insistito sui conti della società avviata da Luca e al colonnello della guardia di finanza è stato chiesto di riferire su dati certi anche rispetto alle presunte anomalie su un aumento di capitale. “Ci sono riscontri su rapporti tra la società di Luca e la criminalità organizzata?”, ha insistito la difesa. “Il quadro completo è nell’informativa”, ha precisato il testimone. Per la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, quello dei Luca sarebbe stato un gruppo economico capace di avere rapporti con ambienti criminali, anche su un piano strettamente finanziario. Tesi invece del tutto respinta dalle difese. Oltre a Francesco Luca, sono a processo Salvatore Luca, Rocco Luca, Francesco Gallo, Concetta Lo Nigro, Emanuela Lo Nigro e Maria Assunta Luca. Nel corso dell’esame, il colonnello ha toccato il punto dei rapporti che si sarebbero intensificati tra gli imprenditori e i funzionari di polizia Giovanni Giudice e Giovanni Arrogante, a loro volta a processo. E’ emerso che dopo aver trovato delle microspie, ci sarebbero stati contatti tra Rocco Luca e Giudice. Per gli inquirenti, il poliziotto avrebbe accettato un soggiorno in una casa vacanza “a prezzo ridotto”. Un ispettore di polizia, che non è a processo, venne immortalato nella villa a mare dei Luca, oltre ad avere la disponibilità di un’auto riferibile agli imprenditori.
E’ stato confermato che i primi elementi, oltre che da altre indagini antimafia, iniziarono a maturare dai contatti che un ex dipendente dei Luca aveva con un finanziere. Era la fonte che avrebbe iniziato a rivelare presunti rapporti pericolosi degli imprenditori, che a loro volta hanno sempre respinto le contestazioni, anche pubblicamente. Nel corso delle prossime udienze, toccherà agli altri difensori completare il controesame del colonnello. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Carlo Taormina, Flavio Sinatra, Antonio Gagliano, Filippo Spina, Carmelo Peluso, Luigi Latino, Fabio Fargetta e Alessandro Diddi, Michele Ambra, Emilio Arrogante e Marina Giudice.