Gela. Voti in più assegnati al candidato di Forza Italia che riuscì ad essere eletto alle amministrative di nove anni fa. Il presunto broglio elettorale sarebbe stato organizzato da Francesco Muncivì, già consigliere comunale in quota Forza Italia, e dal figlio Paolo, eletto appunto alle amministrative del 2007. A pilotare i voti alla sezione 71, invece, sarebbe stato Giuseppe Tallarita, uno dei componenti del seggio elettorale. I tre sono imputati davanti al giudice Manuela Matta. “Paolo Muncivì venne eletto grazie ai nostri voti – hanno detto in aula due degli imprenditori impegnati nei cantieri edili di contrada Catania Casciana gestiti proprio da Francesco Muncivì – ci venne praticamente imposto di presentare un elenco di nominativi di tutti coloro che avrebbero votato Paolo Muncivì. In questo modo, Francesco Muncivì avrebbe avuto la possibilità di capire in quali sezioni sarebbero andati a votare e su quanti voti avrebbe potuto contare il figlio. Alla fine, riuscì ad essere eletto”. Nonostante i voti procacciati dagli imprenditori che, già in passato, denunciarono le estorsioni subite tra i cantieri di contrada Catania Casciana, nelle ore successive allo spoglio elettorale ci sarebbe stato un duro confronto. I due Muncivì avrebbero accusato di “tradimento” alcuni degli imprenditori che si erano impegnati a cercare voti. “Da lì – ha spiegato uno degli imprenditori – venni a conoscenza di quanto era accaduto alla sezione 71. Paolo Muncivì ottenne più voti perché Giuseppe Tallarita, componente del seggio, riuscì a fargliene conteggiare alcuni senza che gli spettassero. Se non sbaglio, lo stesso Tallarita faceva parte di una delle cooperative impegnate nei cantieri di Catania-Casciana, in realtà controllate proprio da Francesco Muncivì”. I testimoni, compreso un militare della guardia di finanza, hanno risposto alle domande formulate dal pm Giampiero Cortese e dai difensori degli imputati, gli avvocati Antonio Gagliano e Flavio Sinatra che, comunque, contestano la versione fornita soprattutto dagli imprenditori. Ad essere danneggiata dal presunto broglio, invece, fu Maria Pingo, a sua volta candidata nelle liste di Forza Italia. L’attuale consigliere comunale, oggi del Megafono, si è costituita parte civile con l’avvocato Giovanna Cassarà che, già nelle scorse udienze, aveva sottolineato come Giuseppe Tallarita risultasse presidente della cooperativa Città Futura, controllata dalla famiglia Muncivì.