Gela. “Se dal 2016 sono state effettuate 88 aggiudicazioni tramite commissioni Urega, resta preoccupante il sistema parcellizzato delle stazioni appaltanti. E permane, come detto, per quanto in via di ridimensionamento, l’utilizzo degli affidi in proroga e con procedura di emergenza da parte di molti comuni”. E’ solo una parte delle analisi condotte dalla commissione Antimafia dell’Ars, presieduta dal deputato Claudio Fava, che ha chiuso una lunga relazione sul sistema rifiuti siciliano. La relazione, dopo un lungo lavoro, arriva mentre in città si tenta di trovare una soluzione per l’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, in proroga ormai da anni. Lo stallo attuale, con la campana Tekra che continua a gestirlo, ricalca in parte le preoccupazioni espresse dai parlamentari regionali, che ritengono necessario superare il sistema delle proroghe. Tre diverse procedure di gara sono andate deserte. Non sembrano esserci aziende del settore interessate all’appalto. Si tratta di un’assegnazione breve, per un anno a circa sei milioni di euro, in attesa che si arrivi alla gara pluriennale. Giovedì, l’assemblea della Srr4 dovrebbe pronunciarsi anche sul caso Gela, rimasto senza assegnazione a differenza degli altri Comuni dell’ambito. Nella relazione c’è un riferimento preciso alla situazione della provincia di Caltanissetta, aggiornata al febbraio di quest’anno (l’assegnazione degli appalti nei Comuni della Srr è di poco successiva). “Nella provincia di Caltanissetta le amministrazioni con servizio affidato tramite gara Urega sono soltanto 2 (il 9,1% del totale) ma va rilevato come in tali comuni (Caltanissetta e San Cataldo) risiedano il 31,79% dei cittadini della provincia e si produca il 38,04% dei RU del territorio. La maggioranza della popolazione (e della produzione di RU) ricade in comuni che non hanno ancora – per vari motivi – espletato le gare né scelto la strada della gestione in house dei servizi”. L’unica casella vuota rimane Gela e da poco l’amministrazione comunale ha ottenuto il parere che era stato richiesto all’Autorità nazionale anticorruzione. Si cerca uno spiraglio per sbloccare l’intera vicenda, della quale si è interessata la prefettura di Caltanissetta. Il lavoro svolto dall’Antimafia, fatto di decine di audizioni e migliaia di documenti ufficiali, pone molti interrogativi sugli interessi dei privati del settore, che non avrebbero mai gradito progetti per la realizzazione di impiantistica pubblica, a cominciare dalla piattaforma varata per Gela, risalente al 2013. Vennero predisposte ingenti somme e progetti per la nuova vasca della discarica Timpazzo e per l’impianto di trattamento meccanico biologico, da poco entrato in funzione e che attende l’evoluzione dell’iter che dovrebbe condurre alla gestione da parte della società in house, costituita su decisione della Srr. Il sindaco di Riesi Salvatore Chiantia ha annunciato le dimissioni dalla guida della Srr e l’assembla di giovedì dovrebbe servire ad individuarne il successore. Fava e i deputati della commissione, nella relazione, ricostruiscono i contrasti tra l’allora presidente della Regione Rosario Crocetta e l’ex assessore all’energia, il magistrato Nicolò Marino. “Uno dei grandi conflitti politici di quel periodo riguarda la scelta dell’Assessorato all’Energia di accelerare sulle procedure per le gare d’appalto relative ai tre impianti pubblici di Gela, Messina ed Enna – si legge in un passo della relazione finale – investire sull’impiantistica pubblica e ridimensionare l’oligopolio di fatto garantito alle grandi discariche private era uno dei punti qualificanti su cui Crocetta aveva costruito la propria campagna elettorale: “Piattaforme pubbliche, mai volumi ai privati” ha riferito Marino”. Secondo la ricostruzione dell’Antimafia, qualcosa sarebbe poi cambiata. “Dopo che riuscimmo a fare le gare per Gela, Enna e Messina, fummo oggetto di plurime interrogazioni parlamentari provenienti dalla Lega… compresa la vicenda della VAS che non si poteva conoscere a meno che Gullo o Crocetta o la Lo Bello o comunque uno degli attori di quella vicenda ne avesse parlato con un senatore del centro nord che certamente non aveva un grande interesse”, riferisce Marino alla commissione. “L’obiettivo era quello di metterci alla berlina dicendo che avevamo violato a nostra volta, le normative europee, le normative ambientali, che avevamo bypassato volontariamente tutte quelle normative. (…) La politica siciliana, l’imprenditoria siciliana e, dal mio punto di vista, il Presidente della Regione Sicilia – ha riferito Marino – contrariamente al fatto che sosteneva di voler fare impianti pubblici, volevano bloccare, come poi riuscirono a fare, anche perché poi fui mandato via”. In base alle conclusioni presentate dall’antimafia regionale, ci fu il tentativo di bloccare i progetti per la piattaforma pubblica di Gela. “La vicenda riguarda il rilascio dell’autorizzazione per l’impianto di Gela – spiega Fava durante una delle audizioni – il 19 dicembre 2013 con una nota riservata Gullo (ndr Gaetano Gullo allora appena nominato direttore ad interim del settore ambiente) blocca l’iter per il rilascio. L’indomani lo stesso dirigente torna indietro sui propri passi e dice: “ho firmato una lettera che mi è stata predisposta dai miei sottoposti senza leggerne il contenuto”.
Ecco quanto riportato in uno stralcio della relazione.
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. Gullo fa una leggerezza. L’architetto Cannova gli sottopone alla firma una nota che è il contrario delle cose che avevano detto. Quindi lui mette quella firma, senza leggerla…
FAVA, presidente della Commissione. Lei stessa ammette in un’intervista del marzo di quell’anno a Repubblica che “qualcuno voleva ritardare questo iter autorizzativo”.
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. Certo.
FAVA, presidente della Commissione. Chi voleva ritardarlo?
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. Naturalmente la lobby delle discariche private.
FAVA, presidente della Commissione. Vi furono alcune interrogazioni, a firma di deputati della Lega, assai lontani dalla Sicilia, che mostravano di conoscere nel dettaglio le vostre note riservate, come quella del 19 dicembre del 2003 firmata dal dottor Gullo. Lei si è mai chiesta perché?
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. Sì, quella fu una brutta pagina.
FAVA, presidente della Commissione Conoscevano a menadito qualcosa che dovevate conoscere soltanto lei, il dottor Gullo e il Presidente della Regione.
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. Quando apprendemmo di quella interrogazione parlamentare io ne parlai in assessorato e non riuscimmo a trovare una spiegazione, se non proprio quella che stavamo per disturbare alcune realtà, e più in generale, così come stavo dicendo prima, la lobby delle discariche private…
FAVA, presidente della Commissione. Questa interrogazione è del Senato e il senatore Lumia era collega della senatrice Rigoni (firmataria dell’interrogazione ndr).
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. E’ possibile che ne sapesse la genesi, io non ne sapevo nulla.
FAVA, presidente della Commissione. Le è capitato di parlargliene?
LO BELLO, già assessore regionale al territorio e all’ambiente. Non me lo ricordo se ne ho parlato con lui. E’ probabile di sì. Ma non posso affermare con certezza di averne discusso.
Ancora più chiaro quanto riferito dall’ex assessore Marino, entrato in totale contrasto con le scelte dell’allora presidente Crocetta. “Subito dopo comprendemmo che cosa fosse accaduto – ha spiegato in audizione – forse gli altri pensavano che non ci saremmo arrivati a predisporre le gare per gli altri tre impianti (pubblici, ndr), cioè quello di Messina; quello di Gela, che serviva a fare concorrenza a Siculiana; e quello di Enna, che in quell’epoca abbancava a Catania… Era un’azione esterna di quel gruppo di Confindustria che faceva capo a Montante e a Catanzaro, che tramite il presidente Crocetta e utilizzando quel poveretto di Gullo, cercarono di bloccarci”. Gli enormi interessi economici nel settore rifiuti, secondo le conclusioni dell’Antimafia, avrebbero orientato diversi tentativi politici di bloccare l’iter dell’impiantistica pubblica, compresa la piattaforma di Gela.