Questione meridionale, dopo 159 anni è meglio dimenticare

 
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Gela. Come l’autore del testo “Palermo 1815-1860”, di Augusto Marinelli, anche l’autore del libro “La fine di un regno”, Raffaele De Cesare, è preoccupato di mettere in evidenza che il Regno delle due Sicilie, gli ultimi anni prima dell’occupazione dei piemontesi del 1860, fosse in procinto di implodere per effetto di una politica economica sbagliata dei Borboni. I due autori, per giustificare la guerra non dichiarata della politica di invasione del territorio duo siciliano di Cavour, hanno scritto due testi perfetti. Uno mettendo in evidenza che dal 1815 nel regno delle due Sicilie, non venivano fatti investimenti, particolarmente a Palermo in Sicilia e quelli che nascevano avevano una durata molto limitata.

L’altro autore, essendo al Governo, aveva fatto accordi con i piemontesi per costituire due regni in Italia: uno al di quà del Vesuvio e l’altro al di là del Vesuvio. Progetti bocciati sia dall’aristocrazia del sud che dalla plebe. Nel testo di Marinelli, leggiamo con dovizie di particolari tutti gli investimenti aleatori che nascevano a Palermo e che morivano al massimo nell’arco di un triennio miseramente, mentre il Raffaele De Cesare, subito dopo i moti rivoluzionari del 1848, mette in evidenza i tentativi dei rivoluzionari delle sette segrete per abbattere le monarchie post rivoluzione francese. Tutte le prese di posizione erano buone per dimostrare l’invasione pacifica e disinteressata dei Savoia per la costituzione dell’Italia unita e indipendente a scapito di un regno tradizionalmente solido, libero e progredito nell’Europa.

Dopo il 1860 quali progressi, quali attività imprenditoriali, anche se di breve durata, ha avuto il meridione se non il regresso politico, culturale, economico e sociale?

Se il regno delle due Sicilie fino al 1860 costituiva una parte dell’Europa più rispettata e progredita, perché oggi questa parte è la più povera dell’Europa e la più misera, presa a raffronto con qualsiasi Stato della stessa?

Certo, tutti i grandi che abbiamo valorizzato in quest’ultimi 150 anni di storia, hanno solo cercato di mettere in evidenza la miseria e l’arretratezza del mezzogiorno, definendo il popolo del sud pigro, ignorante e brigante a qualsiasi livello. Abbiamo valorizzato il grande Natalino Sapegno che ci ha tramandato tutto il sapere della letteratura italiana dal suo punto di vista. Essendo ministro dei governi dei Savoia fin dalla costituzione della nuova Italia, anche lui come Indro Montanelli, il nostro storico per eccellenza, si era solo preoccupato di tramandare ai posteri se il Cavour in punto di morte si fosse convertito al cristianesimo o fosse rimasto ateo, come nella sua vita privata. Non si sono preoccupati di seguire gli sviluppi della disputa che in parlamento animava le lite tra i due grandi dell’occupazione: Garibaldi e Cavour lotte fratricida accennava il Generale. 

Il Montanelli, sui briganti del mezzogiorno, si preoccupa solamente di trasferire ai posteri i nomi dei più noti, perché si tratta di uomini che combattevano contro le forze regolari del re galantuomo, Vittorio Emanuele II, perciò bisogna cancellarli dalla nostra memoria.

Tutto quello che fa riferimento e ricorda i popoli colonizzati deve essere rimosso, per non dispiacere i colonizzatori, come per esempio i fatti accaduti 100 anni fa a Riesi e Gela, dove 16 (13+3) contadini furono uccisi dallo Stato perché lottavano per l’assegnazione delle terre ai contadini, eppure lo sciopero era stato organizzato dalle forze sindacali.

Sindacati e politici che in tutti questi anni si sono dimenticati dei fatti tragici accaduti ad opera dello Stato l’ottobre del 1919, archiviati sotto la dicitura “segreti di Stato”.

Oggi, dopo 159 anni dal 1860, tutti sono pronti a sostenere che la questione meridionale non ci riguarda perché è trascorso molto tempo e diviene senza significato e strumentale pensare al male che hanno potuto fare i piemontesi al popolo duo siciliano. I sostenitori della teoria opposta propongono, invece, che fino a quando i meridionali non prendono coscienza della realtà storica e delle calunnie che sono state imposte dagli uomini politici e dalla cultura, in generale nei nostri confronti, devono lottare animosamente per toglierci di dosso questi 159 anni da popoli sottomessi con la colonizzazione.

Non possiamo avere nessuna fiducia dei politici, prima perché non conoscono la vera storia, poi perché hanno interessi personali da difendere come la cultura meridionale che conosce la storia ma per vivere deve fare finta di averla dimenticata (vedi il nostro presidente della Repubblica Italiana, siciliano di nascita). Così, tutti gli uomini di cultura, preferiscono non affrontare il periodo storico che va dal 1860 fino ai primi del novecento per non incorrere in un corto circuito di capitale importanza per la loro formazione e sviluppo delle proprie capacità formative. Leggendo i testi dei nostri storici e letterati abbiamo riscontrato come il popolo duo siciliano viveva nell’ignoranza e nella povertà più assoluta, senza considerare che la mortalità infantile era la più bassa dell’Italia di allora e che il progresso raggiunto fino al 1860 ci poneva in Europa al terzo posto dopo il Regno unito di Gran Bretagna e Francia, con uno sviluppo industriale eccezionale e dove tutte le eccellenze dell’epoca nascevano nel meridione. Il grande Giovanni Verga, nella qualità di verista, si è sforzato di mettere in evidenza la fame del sud e così tutti i nostri scrittori più importanti: Tomaso di Lampedusa, Luigi Pirandello e Gramsci che nei suoi scritti importanti, trascura il periodo storico da noi considerato e il recente Andrea Camilleri che con il suo cavallo di battaglia de “Il commissario Montalbano” ha fatto conoscere la parte più becera e misera della Sicilia che continua ad essere per la RAI la serie più seguita in televisione, con un ascolto da record. La tv dello Stato, con il governo di sinistra Renzi, ci ha imposto di pagare il canone per mezzo della bolletta Enel, così non può essere evaso da nessuno.

Bella conquista! Oggi la grande televisione di Stato può tranquillamente lottare con la concorrenza e fare informazione di parte senza regole, elargendo posti di sottogoverno a tutti quelli che raccomandati raggiungono posizioni governative. Lo status quo è bene che rimanga immutato prima per permettere al popolo laborioso del nord di vendere tranquillamente i prodotti fabbricati negli stabilimenti del nord, al sud senza lamentele e poi dimenticando i fatti accaduti e mistificando le informazioni vere della storia (patria per i nordisti). Ancora oggi possono continuare a classificarci come briganti e perciò la loro elemosina serve a placare le loro coscienze di assassini e ladri senza scrupoli e ritegno alcuno.

Eravamo poveri, allora perché ci lamentiamo?

Siamo poveri ancora oggi, per inettitudine antropologiche della nostra razza, ma loro bonariamente ci hanno aiutati elargendo tutto quello che hanno potuto donare, ma ora stanchi, vogliono l’indipendenza dallo Stato italiano per non regalarci ulteriore fatiche a noi che siamo briganti, spreconi e senza memoria. Questo fa comodo alla cultura meridionale parassita e prezzolata di oggi a qualsiasi livello e ai politici inutili e parassiti che permettono passivamente l’emigrazione dei giovani laureati e non, di qualsiasi età, a cercare fortuna in un nord non più identificato, basta che si trovi oltre Napoli. Ma la cosa che lascia tanto amaro in bocca è: lo sviluppo deve avvenire solo al nord e le eccellenze devono progredire solo in una parte dell’Italia unita, l’altra parte deve rimanere misera e arretrata e tutti siamo felici, contenti e possiamo dedicarci ad altre attività ricreative con la massima serenità, anche se il nostro paese, natio o borgo selvaggio, precipita sempre più nel baratro più profondo.

3 Commenti

  1. Ahhhh che ridere. Ammirare il Re Bomba, odisre i siciliani insorti contro la tirannia borbonica, asservita ai Rothschild ramo Napoli, leggete Alessandro Barbero, w L’Italia. W Casa Savoia.

  2. Io ho smesso di intervenire su quanto scrive Maganuco, ma scopro che lui non può fare a meno di tirarmi in ballo. Ora delle due l’una: o dimostra che ciò che io ho scritto è falso – non afferma: dimostra dati alla mano – o, se la mia ricostruzione è vera, le magnifiche sorti della Sicilia borbonica che vengono continuamente sventolate sono pura propaganda. Tertium non datur. E con questo davvero basta.

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