Gela. Ripartire anche dall’archeologia militare. L’esperto Nuccio Mulè ritiene importante che il Comune e la Regione intervengano a rivalutare un enorme patrimonio storico, che risale al periodo della seconda guerra mondiale. “Nel territorio, nelle contrade Zai, Monte Apa, Grotticelli, Priolo, Costa Zampogna, Caricatore, Capo Soprano, Molino a Vento, Castelluccio, Poggio Campanella, Spinasanta, Feudo Nobile, Spadaro, Maroglio, Bulala e Senia Ferriata, furono realizzati diversi capisaldi con un numero variabile di fortini che andavano da un minimo di uno ad un massimo di quattordici – spiega – i fortini facevano parte di un complesso di ben 186 postazioni, mentre solo nel suo abitato fino agli anni cinquanta ne esistevano 31, oggi ridottisi a 6, compreso quello ricomparso sopra il porto rifugio, dopo l’incendio del canneto che lo nascondeva alla vista. I fortini, anche quelli che servivano da osservatorio, erano armati con mitragliatrici e cannoni anticarro, con postazioni in barbetta, spesso con riserve. Nelle robuste casematte, il calcestruzzo dello spessore di sessanta centimetri permetteva che resistessero ai tiri di piccolo e medio calibro; i resti delle casematte di Gela sono ubicati ad est del muro di recinzione delle fortificazioni greche di Capo Soprano, in particolare dietro le vestigia dell’ex Liquirificio Marletta-Cellura, resti oggi ricoperti dalla vegetazione spontanea e qualcuno di essi anche mal frequentato”. Lo storico ritiene che questi siti vadano restituiti a nuova luce.
“Oggi a Gela il numero dei fortini rimasti si aggira intorno agli ottanta e anche meno. Se, però, a tale numero si aggiungono quelli dei territori di Butera Licata e Vittoria si arriva, forse a più di 150. I numeri, anche se da prendere con il beneficio d’inventario, dimostrano quanto importante potrebbe essere il loro contributo al turismo legato all’archeologia militare della seconda guerra mondiale in Sicilia, guerra di cui Gela, prima città libera d’Europa, nel luglio del 1943 ha rappresentato un punto cruciale, soprattutto per la “Battaglia di Gela” che, insieme a quella del ponte Primosole sul Simeto – conclude – è stata una delle fasi più importanti di contrasto all’operazione Husky degli anglo-americani. Sarebbe opportuno che la Regione e il Comune, ognuno con le proprie competenze, cercassero di riprendersi questo enorme patrimonio di archeologia militare abbandonato, censendolo e vincolandolo così da tramandarlo alle future generazioni. E proprio in quest’ottica che sarebbe peraltro opportuno e ineludibile che l’amministrazione comunale facesse ricomporre tutti le parti, oggi ancora esistenti, delle casematte di Capo Soprano che nel dopoguerra furono fatte smembrare dal proprietario del terreno per estrarne la sabbia dalle collinette su cui erano impiantate. E un disegno di tale zona, realizzato grazie alla memoria fotografica dal signor Michele Rizzo, ci consente di
averne un’idea”.