Gela. Vittima di una terribile ritorsione che gli costò la vita: adesso, però, la memoria di Angelo Legname, trucidato nell’aprile di quindici anni fa da un gruppo di “picciotti” della stidda, guidato, come accertato in sede processuale, da Giuseppe Maniscalco, suo coetaneo e residente nello stesso stabile del quartiere Caposoprano, si avvia ad essere onorata con l’apertura della procedura per il riconoscimento dello status di vittima di mafia.
La conferma arriva dal padre Salvino che, da diversi anni, sta lottando per chiedere verità sulla fine di Angelo: iscritto, al momento della scomparsa, all’ultimo anno dell’istituto tecnico industriale. “Abbiamo capito – spiega proprio Salvino Legname – che è giunto il momento di dare un segnale pubblico.
La memoria di mio figlio merita una tutela ulteriore. Il processo ha dimostrato la sua assoluta estraneità agli ambienti criminali. Ha avuto solo la colpa, a causa dell’ingenuità giovanile, di frequentare persone sbagliate che gli avevano descritto un mondo totalmente diverso da quello reale”.
La famiglia Legname, così, già da qualche settimana, affidandosi ad un legale di fiducia, ha avviato le pratiche per ottenere il riconoscimento. “Da tempo – continua Salvino Legname – riflettevo su questa possibilità. Molti amici e familiari mi hanno sostenuto, convincendomi ad avviare la procedura. Da questo punto di vista, anche io sono maturato. Ad esempio, proprio per impedire che si potesse pensare ad un nostro odio nei confronti di Maniscalco e della sua famiglia, in sede processuale non ho voluto costituirmi parte civile. In quell’occasione, a distanza di anni, posso dire di essermi sbagliato. Oggi, viceversa, lo farei. Bisogna separare la giustizia dei tribunali e i sentimenti umani più profondi”.
Le indagini sulla fine di Angelo Legname, intanto, non si sono fermate e nuovi particolari potrebbero emergere anche dai meandri del passato: con in testa, i ricordi di molti collaboratori di giustizia. Stando a quanto emerso dall’indagine Monitum dello scorso anno e alle dichiarazioni rese dall’ex boss Rosario Trubia, sarebbero stati Giuseppe Maniscalco e Giovanni Di Giacomo ad allontanarsi insieme ad Angelo Legname il giorno della sua scomparsa.
“Si sono dette tante cose – conclude Legname – l’unica verità riguarda un ragazzo di appena diciotto anni che non fece mai più ritorno a casa. Lui, però, rimarrà sempre con me e con la sua famiglia. Tutto il resto non conta veramente nulla. Il riconoscimento da parte dello stato sancirà che lui fu vittima mentre altri furono i carnefici”.