Gela. “I cinquecento leoni non esistono. Vincenzo Di Giacomo si lamentava con me solo del comportamento di un mio parente. Non sta neanche bene mentalmente”. Il quarantaquattrenne Benito Peritore, arrestato insieme a decine di altri presunti stiddari, ha parlato in carcere a Balate, dove è stato interrogato, all’indomani del blitz “Stella cadente”. Difeso dall’avvocato Carmelo Tuccio, ha respinto le accuse. Il dialogo intercettato dai poliziotti della squadra mobile di Caltanissetta e dai pm della Dda nissena, secondo gli inquirenti, sarebbe uno spaccato veritiero della forza criminale degli stiddari. Per Peritore, invece, si sarebbe trattato solo di uno sfogo di Di Giacomo, che probabilmente l’aveva contattato per acquistare droga. Peritore è attualmente detenuto, anche perché da poco coinvolto nell’inchiesta “Supermarket”. Le accuse mossegli le ha respinte anche il quarantaduenne Salvatore Antonuccio, ritenuto molto vicino ai presunti capi della stidda gelese, i fratelli Bruno Di Giacomo e Giovanni Di Giacomo. Difeso dagli avvocati Ivan Bellanti e Giovanna Zappulla, è stato sentito in carcere ad Agrigento. Avrebbe controbattuto su tutti i punti che gli vengono addebitati. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, invece, il trentacinquenne Gaetano Marino. Per gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo centrale nel vasto giro di droga controllato dagli stiddari. Difeso dall’avvocato Francesco Enia, ha comunque reso dichiarazioni spontanee, negando quello che gli viene addebitato nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Non ha parlato il ventenne Paolo Portelli. In carcere ad Agrigento, difeso dal legale Flavio Sinatra, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il trentaseienne Gianluca Parisi ha voluto chiarire la sua posizione. “Non sono mai stato il figlioccio di Giovanni Di Giacomo”, avrebbe detto in carcere, difeso dall’avvocato Davide Limoncello. Ha escluso di aver fatto da contabile della stidda, gestendo conti correnti per conto del gruppo. Ha preferito il silenzio, il trentanovenne Alessandro Scilio. Rappresentato dall’avvocato Salvo Macrì, ha deciso di non rispondere alle domande del gip, che l’avrebbe dovuto sentire nel carcere di Verona. Davanti al gip, si è presentato, ieri, il trentaseienne Emanuele Lauretta, difeso dall’avvocato Cristina Alfieri.
. Scena muta per il trentasettenne Salvatore Sambito. Arrestato al termine del filone bresciano delle indagini, è accusato di aver favorito il sistema delle false compensazioni, per incassare proventi da reinvestire anche in favore degli stiddari. Difeso dai legali Ivan Bellanti e Domenico Ingrao, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il presunto capo della nuova stidda riorganizzata, il quarantaquattrenne Bruno Di Giacomo, verrà sentito lunedì, è difeso dall’avvocato Francesco Enia. Nella stessa giornata, si presenteranno dal giudice delle indagini preliminari molti altri indagati, compresi Alessandro Pennata (difeso dagli avvocati Giacomo Di Fede e Giovanni Cannizzaro) e Simone Di Simone, coinvolto nel filone bresciano della maxi inchiesta (è rappresentato dai legali Davide Limoncello e Ivan Bellanti).
complimenti alle forze dell’ordine che ha tolto tanta marciume, adesso buttate le chiavi fate marcire in carcere
sono contento complimenti alle forze dell’ordine che ha tolto tanta marciume.bravi