Gela. La Cassazione ha parzialmente modificato la sentenza di secondo grado relativa all’omicidio di Benito Antonio Cannizzo, ucciso a bastonate al culmine dell’ennesima lite all’interno del «Bar Rouse» il 12 dicembre del 2010.
La Suprema Corte ha confermato nella tarda serata di ieri la sentenza di secondo grado per Orazio Vella, che dovrà scontare 8 anni di carcere e l’annullamento con rinvio per il fratello Marco. In primo grado quest’ultimo era stato condannato a 7 anni di reclusione. Le stesse richieste erano state sollecitate dal Procuratore generale a conclusione della requisitoria. La difesa ha sempre insistito nel dimostrare la legittima difesa e l’attenuante della provocazione, l’esasperazione di un atteggiamento persecutorio da parte della vittima ed una serie di sentenze della stessa Cassazione che hanno considerato le attenuanti.
Ai due fratelli, titolari del bar, la procura concesse le attenuanti generiche. Non c’era stata premeditazione nell’omicidio, ma solo provocazione. La parte civile, rappresentata dall’avvocato Maurizio Scicolone, aveva chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, ma la Cassazione ha respinto l’istanza.
Benito Cannizzo frequentava quel bar quotidianamente. Beveva e andava via senza pagare. Quella sera l’ennesima ebbe l’ennesima discussione con Orazio Vella. Cannizzo era forse ubriaco. Schiaffeggiò Vella, che a quel punto tirò fuori due bastoni e iniziò a colpire il cliente fino ad ucciderlo. La tesi della provocazione non è però passata totalmente. I fratelli Orazio e Marco Vella si sono assunti subito la responsabilità dell’omicidio. Si era preso inizialmente tutte le colpe Orazio, che gestiva il bar Rouse di via Francesco Crispi, teatro del delitto. Marco invece sarebbe intervenuto in un secondo momento, mentre la lite era già in atto. Non ci sarebbe stato il proposito di uccidere dunque, ma di difendersi dall’ennesima aggressione.
