Gela. Omicidi di mafia quasi dimenticati, come se fossero morti di serie B. In corte d’Assise d’appello si celebra il processo per gli assassinii di Vincenzo Cocchiara, Salvatore Lauretta e Giacomo Di Stefano.
Il procuratore generale ha concluso ieri la requisitoria chiedendo la conferma della sentenza di primo grado. Si tratta di omicidi commessi a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. L’ergastolo è stato richiesto per i fratelli Davide e Nunzio Emmanuello e per Emanuele Argenti di Guido. Sei anni di reclusione, invece, sono stati chiesti per il collaboratore di giustizia Rosario Trubia, tra gli storici capi del gruppo locale di Cosa nostra. Una linea sposata anche dai legali di parte civile.
Gli avvocati Carmelo Tuccio e Giovanni Cannizzaro si sono associati alle conclusioni formulate del procuratore generale. I due legali si sono costituiti nell’interesse dei familiari delle tre vittime assassinate durante la faida esplosa tra i due gruppi criminali. Il Pg ha ricostruito gli omicidi di Vincenzo Cocchiara, Salvatore Lauretta e Giacomo Di Stefano. Proprio per quest’ultima uccisione, l’avvocato Tuccio si è appellato a chi, fra gli imputati, possa dare ancora indicazioni per ritrovare i resti dell’uomo. Il corpo di Di Stefano, dopo la sua scomparsa, non è mai stato ritrovato. Un caso di lupara bianca che non è stato mai risolto con il ritrovamento dei suoi resti. Sono i familiari che chiedono con forza quantomeno di poter piangere su una lapide il proprio congiunto.
Il presidente della corte d’assise d’appello di Caltanissetta, Maria Giovanna Romeo, ha aggiornato il dibattimento al prossimo 4 dicembre: in quell’occasione, spetterà ai difensori degli imputati svolgere le rispettive arringhe conclusive. Poi la corte si riunirà in camera di consiglio per emettere la sentenza.