Gela. “Non ho mai fatto parte di organizzazioni criminali. I fratelli Nicastro? Li conosco solo a livello lavorativo. Eravamo impegnati nei cantieri dell’azienda Cirignotta. Poi, venni licenziato.
Ho saputo che Davide Nicastro fu riassunto dopo aver bruciato uno dei mezzi all’interno del cantiere. Mi pare si veda in un video”.
Le intercettazioni in piazza San Francesco. Carmelo Curvà, accusato, insieme a Ettore Nobile, di aver fatto parte del gruppo locale della stidda e per questa ragione finito a processo davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Manuela Matta e Patrizia Castellano, ha risposto in aula alle domande formulate dal pm e dal suo legale di fiducia, Nicoletta Cauchi. Proprio il magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ha letto in aula il contenuto di alcune intercettazioni ambientali che riguardano dialoghi tra lo stesso Curvà e il presunto boss Emanuele Palazzo. “Mi recavo nella zona di piazza San Francesco – ha spiegato l’imputato – solo per risolvere una questione legata a pratiche di sanatoria edilizia avviate da una certa Enza Anfuso. Volevo recuperare i soldi che mia madre aveva pagato senza ottenere l’avvio della procedura. Parlavo di questo con Palazzo. Non ho mai riscosso soldi per le estorsioni”.
La versione di Billizzi. Nel corso dell’udienza, è stato sentito anche il collaboratore di giustizia Carmelo Billizzi, ex reggente del gruppo degli Emmanuello in città. Proprio Billizzi ha avuto modo di visionare una serie di foto segnaletiche, riconoscendo quella di Curvà. “E’ un avvicinato alla stidda – ha spiegato – non un affiliato. Mi pare, si occupasse di piccolo spaccio”. L’altro imputato, Ettore Nobile, a sua volta finito al centro dell’indagine “Agorà”, è difeso dall’avvocato Flavio Sinatra. La sua posizione, però, sembra decisamente più marginale, almeno in base alle momentanee risultanze del dibattimento. Nuovi testimoni, adesso, verranno sentiti durante la prossima udienza del 4 febbraio.