Scarcerati i Luca, avranno divieto di dimora a Caltanissetta e Ragusa: verdetto dal riesame

 
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Gela. Lasciano il carcere gli imprenditori Salvatore Luca, Rocco Luca e Francesco Luca. La decisione è arrivata dai giudici del tribunale del riesame di Caltanissetta. Avranno il divieto di dimora nelle province di Caltanissetta e Ragusa, dove hanno sede le loro aziende. Sono stati arrestati ad inizio luglio, al termine del blitz “Camaleonte”. I pm della Dda di Caltanissetta e i finanzieri del Gico li ritengono direttamente collegati al gruppo mafioso dei Rinzivillo. I difensori, gli avvocati Flavio Sinatra, Antonio Gagliano e Alfredo D’Aparo, hanno presentato una memoria da oltre cento pagine e altrettanti allegati. Hanno cercato di rispondere alle accuse, soprattutto contestando il presunto nesso finanziario tra la “galassia” aziendale dei Luca e i soldi dei Rinzivillo. I tre indagati, già davanti al gip che li ha interrogati, hanno respinto ogni addebito. Si sono dichiarati vittime di mafia e non attigui ai clan. Gli inquirenti, però, ritengono che i soldi dei Rinzivillo abbiano favorito la loro ascesa imprenditoriale. Ora, arriva il verdetto del riesame che li scarcera, anche se con il divieto di dimora.

Questa mattina, i legali Sinatra e Gagliano hanno esposto i loro ricorsi, sempre al riesame, anche in favore degli altri indagati. Francesco Gallo, Maria Assunta Luca, Concetta Lo Nigro e Emanuela Lo Nigro, sono a loro volta sottoposti al divieto di dimora nelle province di Caltanissetta e Ragusa, e vengono ritenuti amministratori di fatto di molte aziende riconducibili alla famiglia. Sarebbero stati consapevoli del presunto “sistema”. Nell’inchiesta “Camaleonte” è coinvolto anche il dirigente di polizia Giovanni Giudice, che avrebbe ricevuto regalie e favori, in cambio di informazioni riservate e protezione “istituzionale”. I giudici hanno disposto il dissequestro di beni dei tre Luca acquisiti prima del 1995 e di quelli degli altri indagati ottenuti prima del 2002, confermando il sequestro di tutti i beni aziendali. Gli investigatori hanno eseguito provvedimenti su un patrimonio complessivo di circa 63 milioni di euro.

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