Nove anni negli opg ma “non è stata ingiusta detenzione”, respinto maxi risarcimento per La Perna

 
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Gela. Dopo un anno, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno sciolto la riserva, respingendo la richiesta di risarcimento danni avanzata dal legale del trentacinquenne Antonio La Perna. Due milioni di euro per l’”ergastolo bianco” patito, tanto è stato chiesto. Entrato poco più che ventenne nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, è tornato a vedere la luce solo dopo nove anni. Un lungo peregrinare che lo ha segnato, nel corpo ma soprattutto nella mente. Era stato arrestato con l’accusa di estorsione. Avrebbe chiesto venti euro alla nonna. La donna, successivamente, ritirò la denuncia. Iniziò un viaggio senza ritorno. L’avvocato che lo assiste, Concetta Di Stefano, e il padre, Salvatore La Perna, per anni hanno tentato di ottenere una misura alternativa, con il ricovero in una comunità terapeutica assistita. Richieste che non vennero accolte, anche se alla fine tutte le accuse mosse nei suoi confronti caddero. I giudici della Corte d’appello nissena, però, non hanno dato seguito all’istanza per fargli ottenere il risarcimento da ingiusta detenzione. Nella vicenda di La Perna, in base alle motivazioni, non ci sarebbero state forzature della normativa. La permanenza negli opg, secondo quanto indicato dai magistrati, sarebbe stata giustificata dalla “pericolosità sociale” e anche il procedimento penale a suo carico “si è concluso con sentenza di non luogo a procedere per totale incapacità dell’imputato”.

Il legale si è rivolto ai giudici d’appello di Caltanissetta sostenendo che le relazioni mediche redatte sul suo stato avrebbero fatto propendere per la necessità di una misura alternativa alla detenzione negli opg. Il tunnel giudiziario, come ultima tappa, lo condusse nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Il direttore e gli operatori presero in esame il caso, scrivendo addirittura all’allora ministro della giustizia Andrea Orlando. Era l’aprile del 2014 e per la responsabile della struttura emiliana, la detenzione di La Perna violava i diritti umani. Un “ergastolo bianco”, così lo definiva nella missiva inviata al ministro. La Corte d’appello di Caltanissetta ha escluso che si sia trattato di ingiusta detenzione.

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