Gela. Circa sessanta pagine, nelle quali il giudice dell’udienza preliminare Paolo Fiore ha ripercorso la genesi e le fasi cruciali dell’omicidio del trentatreenne Maurizio Peritore, trovato senza vita tra le palazzine popolari di via Attica. Lo scorso maggio, sono stati imposti quattordici anni e quattro mesi di reclusione al cognato, il cinquantunenne Giuseppe Cinardi. In base a quanto emerso dalle indagini condotte dai pm della procura e dai carabinieri, per Peritore fatale fu una coltellata infertagli dall’imputato, a sua volta raggiunto da alcuni fendenti. I due, al culmine di rapporti sempre più tesi, si affrontarono tra i viali della zona, dopo che la vittima trovò tutti i pneumatici della propria auto completamente squarciati. Addebitò la colpa a Cinardi e ne nacque l’ennesimo diverbio, poi sfociato nel sangue. Per Peritore non ci fu nulla da fare, troppo profonda la ferita causata dalla coltellata decisiva. Dopo il deposito delle motivazioni, la difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Salvo Macrì, si prepara a proporre appello. In primo grado, ha chiesto e ottenuto il giudizio abbreviato e, come confermato dal verdetto del gup, ha sostenuto l’assenza della premeditazione. Cinardi non avrebbe progettato l’uccisione del cognato, ma quanto accaduto sarebbe stata la conseguenza della violenta colluttazione, durante la quale rimase ferita anche la moglie della vittima. La difesa, dopo aver valutato il contenuto delle motivazioni, si rivolgerà ai giudici della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta.
Al termine della requisitoria del giudizio abbreviato, il pm Luigi Lo Valvo ha chiesto la condanna a trent’anni di detenzione, ritenendo che Cinardi, impugnando il coltello, avesse avuto l’intenzione di uccidere. L’imputato, così come sostenuto dal difensore, ha invece spiegato di essersi difeso da una presunta aggressione del trentatreenne, che lo avrebbe colpito per primo. Tutti aspetti che verranno valutati anche in appello. Il gup gli ha concesso le attenuanti generiche, condannandolo a risarcire le parti civili. Sia la madre che il fratello di Peritore si sono costituiti, con gli avvocati Giacomo Ventura e Maria Elena Ventura. I legali hanno insistito per la condanna del cinquantunenne, ritenendo che abbia deliberatamente colpito la vittima, proprio a causa di rapporti personali ormai deteriorati.